Bledar Xhuli Caro Papa Francesco, mi chiamo Bledar Xhuli. Sono qui per raccontare come nella mia vita ho incontrato Cristo. Nato a Fier in Albania in una famiglia atea, dopo il crollo della dittatura i miei genitori, che lavoravano per lo stato, hanno perso il lavoro non c’era nessuna prospettiva per il futuro. Nel 1993, a 16 anni, ho quindi deciso di partire per lavorare in Italia, per realizzare un sogno e poi tornare in Albania. Con un passaporto falso attraversai l’Adriatico su una nave pensando di trovare facilmente un lavoro e una casa, ma presto scoprii che così non era. Il fatto di essere clandestino e minorenne non migliorava la situazione. Girando per varie città d’Italia dormivo all’aperto nelle stazioni ferroviarie. Mi fermai a Firenze dove un compaesano mi disse che c’era la possibilità di mangiare e dormire gratis: infatti dormivamo sotto un ponte lungo il Mugnone e mangiavamo alla mensa della Caritas. Giravo tutto il giorno per cercare lavoro, ma senza documenti era impossibile. Suonavo nelle chiese per chiedere l’elemosina e un aiuto. La notte spesso non riuscivo a dormire per il freddo e l’umido, ma anche perché mi trovavo in una situazione peggiore di prima: e non potevo tornare indietro a causa dei tanti soldi presi in prestito per l’attraversata. Di nascosto dagli altri, la notte piangevo e gridavo la mia disperazione. Dio ascoltò la voce di un disperato. Un giorno, il 2 dicembre 1993 – bussai alla chiesa di san Gervasio, non per chiedere l’elemosina, ma per ritirare una lettera. Il prete, don Giancarlo Setti comincio a chiedermi chi fossi e cosa facevo. Non mi diede l’elemosina , ma si interessava a me. Quando gli dissi che dormivo sotto il ponte e che avevo sedici anni, non riusciva a crederci. Cominciò a telefonare per chiedere aiuto a delle persone che conosceva ma la questione non era facile. Mi disse di tornare il giorno dopo promettendomi di trovare una soluzione. Il giorno, non avendo trovato niente, mi disse: “per me ha bussato Gesù, per cui vieni e stai in casa mia”. Mi fece entrare ed abitare nella sua casa, come un figlio non per un giorno o un mese, ma per quasi dieci anni fino al 2002 anno in cui mori, in seguito ad una grave malattia. Una generosità e accoglienza che mi hanno sconvolto. E mi fece capire una grande verità: ero clandestino, non ero un delinquente. È stato il primo incontro con Cristo sebbene non ne ero consapevole. Grazie a lui trovai un lavoro come benzinaio, e ripresi gli studi diplomandomi come ragioniere. Iscritto poi alla facoltà di Scienze Politiche, ho continuato a lavorare come manager in una multinazionale. Abitando in una parrocchia frequentavo i ragazzi della mia età; la domenica alle 11.00 tutti sparivano e andavano in chiesa. Ci andai anche io, per non rimanere solo. La messa mi piacque molto, specialmente le Letture che non conoscevo, e i canti che mi rallegravano il cuore e mi ricordavano gli affetti lontani. Alla seconda messa cui partecipavo seguendo l’esempio degli altri mi misi in fila per la comunione che il sacerdote mi negò e ci rimasi molto male. Quando gli chiesi il perché in sagrestia, mi rispose perché non ero battezzato. Volevo ricevere subito il battesimo per fare la comunione, ma mi rispose che non era possibile: bisognava fare la preparazione e il catechismo! Accettai con tanta gioia e tutte le sere quando tornavo dal lavoro e dalle scuole serali facevo anche un ora di catechismo. La notte della Pasqua del 1994 ricevetti il battesimo, la cresima e la comunione secondo il rito degli adulti. Altro incontro con Cristo. Scoprii gradualmente che il battesimo era un inizio nuovo. L’inizio di un cammino spirituale, che passando dallo studio e dal lavoro, mi ha portato a scoprire la vocazione al sacerdozio durate il giubileo del 2000. “Finisci l’università che hai iniziato, e nel frattempo verificherai la tua chiamata. Dio non ha fretta – mi disse don Setti – spesso siamo noi che non abbiamo pazienza”. Purtroppo il 22 settembre del 2002, lui mori. Seguendo il suo consiglio, dopo la laurea, sono entrato nel seminario diocesano, dove ho vissuto 7 anni meravigliosi di preghiera, studio e fraternità. Dal 11 aprile 2010 sono sacerdote della chiesa di Firenze. Per 5 anni sono stato viceparroco a San Casciano, accolto come in una famiglia dal parroco e dalla comunità. Da gennaio di quest’anno sono parroco di Santa Maria a Campi una comunità vivace e generosa dove non manca ne il lavoro pastorale ne quello spirituale. Come tutti i sacerdoti cerco di servire il Signore e i fratelli nella gioia e nella fatica quotidiana di vivere il monito ricevuto il giorno dell’ordinazione diaconale, quando il vescovo consegnandomi il vangelo ha detto: vivi ciò che insegni! Nell’affetto, nella vicinanza e nella preghiera di tante persone e famiglie ho incontrato Cristo: ho il cuore pieno di gratitudine, pur sperimentando spesso la difficoltà a contraccambiare tanta generosità. Le voglio dire grazie di cuore, allargando il respiro di questo convegno della chiesa italiana in ottica internazionale, per il suo viaggio in Albania. Ha incoraggiato non solo la chiesa ma l’intero paese a volare alto come le aquile. Visto il titolo del Convegno della nostra chiesa italiana in Cristo il nuovo umanesimo, tornando alle parole che diceva don Setti “ per me ha bussato Cristo”, dopo 22 anni posso affermare – caro Papa Francesco – che Cristo non era presente in chi bussava, ma in chi ha aperto la porta. E ancora oggi, alle soglie dell’apertura dell’anno Giubilare della Misericordia ripete alla sua Chiesa e al mondo: “bussate e vi sarà aperto”.