Ultimi giorni per visitare la 53sima Mostra di ceramica organizzata dalla Fondazione Enaip “Sergio Zavatta” allestita nella Sala dell’Arengo (piazza Cavour) sino al 20 novembre, e aperta dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30.
«La 53sima Mostra di ceramica dell’Enaip ci fa affiorare alla mente ricordi, ricordi di persone e di situazioni che hanno segnato, senza soluzione di continuità, oltre mezzo secolo della vita dell’Enaip nella storia della nostra città – dice Ubaldo Rinaldi, presidente della Fondazione Enaip “Sergio Zavatta” –. La prima Mostra di ceramica del 1961 è nata per esporre le opere realizzate nel corso per ceramisti, uno dei primi gestiti dall’Enaip. Da quella geniale intuizione dei dirigenti delle Acli e dell’Enaip di allora è iniziato questo percorso che ancora sa esprimere il senso di una presenza».
«Questa nostra mostra, per noi è diventata una tradizione culturale di alta qualità reale e simbolica, e così speriamo sia anche per la città – prosegue Rinaldi –. I Maestri ceramisti espongono le loro opere accanto a quelle di chi ha messo nella ceramica anche una ricerca di riscatto, di valorizzazione, conquistando capacità e competenze: la scoperta di se stessi come artefici di un’opera contiene molti aspetti importanti. In questa dimensione la mostra per l’Enaip ha assunto ultimamente anche un alto valore simbolico, il senso della nostra proposta formativa, ovvero il considerare l’importanza di un progetto e del tempo necessario per realizzarlo».
«Un percorso educativo necessita di una ideazione, di un progetto, della sua realizzazione, della verifica e della sua documentazione, così pure la realizzazione di un’opera di ceramica necessita di una ideazione creativa, di un progetto, della sua realizzazione, della verifica fatta con il fuoco del forno – continua il presidente della Fondazione Enaip –. Spesso, per fortuna, i percorsi descritti raggiungono l’obiettivo che si voleva: a volte capita che il manufatto di ceramica non superi la prova del fuoco e si rompa, a volte capita che un percorso educativo non superi la verifica per un suo reale successo. L’artista e l’educatore sanno bene che ciò può succedere e sanno che dal fallimento scaturiranno altri stimoli e metodologie, perché in futuro siano sempre meno gli errori che in passato si sono fatti».
«L’appuntamento annuale della mostra ci ricorda anche il senso del nostro educare e del nostro formare – conclude Rinaldi –. Infine la mostra vuole essere una offerta di incontro, incontro tra chi ci conosce e chi non ci conosce, incontro tra visitatori che partendo dall’opera arrivano a valorizzare il suo autore. La mostra vuole essere l’offerta di un incontro che valorizza».
Espongono: Federico Angelini, Bruno Rufo Baroncini, Annalisa Benvenuti, Gianni Bondanelli, Marina Bondanelli, Bruno Brolli, Lydia Brolli Maneglia, Germano Ceschi, Ermanno Cicognani, Fabrizio Crescentini, Roberto Del Vecchio, Raffaele Faetani, Luciano Filippi, Pietro Gianelli, Renata Giorgetti, Giulia Gorlova, In Gres, Laboratorio Ramina, Romano Leporesi, Iride Macrelli, Annamaria Magnani, Anna Malfatti, Enzo Maneglia, Riccardo Maneglia, Manifatture Sottosasso, Giuliano Maroncelli, Loredana Matteini, Maurizio Mazzini, Annalisa Morri, Fabrizio Pavolucci, Valentino Piccioni, Antonio Piras, Eufemia Rampi, Davide Sapigna, Laura Scarpetti, Fabiano Sportelli, Studiodarte, Raffaella Vaccari, Sara Valentini, Carla Vanini, Cristina Vergnani, Agnese Villa, Veronica Zavoli.
«Un significativo tratto di strada, breve o ampio, tormentato o calmo quanto può esserlo un fiume, separa l’incisione dalla pittura – dice Massimo Pulini, assessore alla Cultura del Comune di Rimini –. Le rive sono quasi le stesse che fanno fronteggiare le terre della ceramica da quelle della scultura. Ma in questo caso è l’elemento del fuoco che distanzia i due mondi. Il forno trasforma la materia, aggiungendo e togliendo patine e sostanze a quel che hanno fatto le mani dell’artista.
Nella calcografia l’elemento principe è invece liquido: acidi e acque corrodono le matrici e battezzano le carte.
In entrambi i processi, per un segmento del percorso creativo, le opere viaggiano da sole, in una barca senza remi e nessun controllo può assicurarle dal caso.
L’autore assomiglia inevitabilmente a un cuoco che dosa e miscela gli ingredienti per destinarli a un tempo di calore o di gelo. Miscela e dosaggio fanno della chimica e della fisica due compagne costanti, lungo tutto il tragitto che porta all’opera.
Solve et coagula sono proprietà che perfino nelle antiche carte dei tarocchi vengono riferite al diavolo. Il governo del fuoco e degli elementi alchemici è sempre stato interpretato come capacità negromantica e di nero si tingono i luoghi della stampa e della fonditura, di odori arcigni si saturano le stanze dell’acquaforte, dove i profumi di pece greca si impastano al bitume. Il diluire e il raggrumare scandiscono le fasi che conducono alla sublimazione delle materie fino al compimento ultimo del lavoro».