Questa mattina la consigliera delegata alle Politiche di Genere e Pari Opportunità della Provincia di Rimini, Leonina Grossi, ha presentato l’iniziativa pubblica della Rete contro la violenza alle Donne della Provincia di Rimini per sensibilizzare sul tema del femminicidio la popolazione e le istituzioni.
A partire dall’ultimo mercoledì del mese di maggio, il 29, dalle ore 17,30 e per tutti i mesi dell’anno (fino a che non muterà qualche cosa) le donne manifesteranno silenziosamente la loro rabbia in piazza Cavour. Questo invito sarà esteso a tutte le donne italiane, a tutti gli enti, i sindacati, le associazioni datoriali, le associazioni, la società civile.
L’appello contro la violenza sulle donne, che accompagna l’iniziativa ed è qui allegato, è stato inviato a tutte le istituzioni locali e nazionali.
La Presidente del Consiglio provinciale di Rimini, Ivonne Crescentini, ha inviato al presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, e alla presidente della Commissione Pari opportunità regionale, Roberta Mori, la deliberazione di Consiglio Provinciale n.17 del 23.04.2013 (qui allegata), avente ad oggetto l’Ordine del giorno Presentazione del progetto di legge di iniziativa popolare ”Norme per la creazione della rete regionale contro la violenza di genere e per la promozione della cultura dell’inviolabilità’ e della libertà delle donne”, presentato dal Consigliere Leonina Grossi e altri.
CONTRO LA VIOLENZA OGNI ULTIMO MERCOLEDI’ DEL MESE:
IN PIAZZA!
Nel nostro Paese nel 2012 sono state centoventidue le donne morte ammazzate per femminicidio: l’Italia farebbe bene a interrogarsi.
Ma davvero siamo un Paese che perseguita la donna?
Il dipartimento delle Pari opportunità ha addirittura pensato di istituire la figura di un avvocato specializzato nella sua difesa e ce n’è motivo: il femminicidio è la prima causa di morte violenta in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni. Femminicidio è un neologismo ed è una brutta parola: significa la distruzione fisica, psicologica, economica, istituzionale della donna in quanto tale. Wikipedia scrive che «avviene per fattori esclusivamente culturali: il considerare la donna una res propria può far sentire l’aguzzino legittimato a decidere sulla sua vita». È un termine coniato ufficialmente per la prima volta nel 2009, quando il Messico è stato condannato dalla Corte interamericana dei diritti umani per le 500 donne violentate e uccise dal 1993 nella totale indifferenza delle autorità di Ciudad Juarez, nello Stato di Chihuahua.
C’erano cadaveri straziati buttati nella spazzatura o sciolti nell’acido: secondo alcune denunce si sarebbero macchiati di questi orrori anche uomini delle forze dell’ordine.
Certo, in Italia non siamo arrivati a questi livelli. C’è chi sta peggio, come dimostra il tragico esempio messicano; ma se guardiamo all’Europa siamo messi davvero male. I numeri sono quelli di una strage.
Nella stragrande maggioranza dei casi gli assassini sono all’interno della famiglia, mariti, partner, parenti, ex, persino figli.
Come se non bastasse, poi, «i dati sono sottostimati perché non tengono conto delle donne scomparse, dei ritrovamenti di donne senza nome o di tutti quei casi non ancora risolti a livello personale».
Anche secondo una ricerca della Regione Toscana il fenomeno «è drammaticamente in crescita». Ogni tre giorni una donna in Italia viene uccisa per mano del proprio partner.
Secondo i dati della Polizia e dell’Istat una donna su 4, nell’arco della vita, subisce violenza, e negli ultimi nove anni, ha stabilito un rapporto dell’Eurispes, «il fenomeno è aumentato del 300%».
Le Nazioni Unite sostengono che «in 125 Paesi del mondo le leggi penalizzano davvero la violenza domestica e l’uguaglianza è garantita».
L’Italia, purtroppo, sembrerebbe far parte degli altri 139 Paesi. Davvero siamo messi così male?
Pare proprio di sì: solo il 6% delle donne italiane denuncia la violenza subita. La nostra è una piaga silenziosa e nascosta. Non è solo una questione di costume, ma anche di diritto, come spiega bene, (in fondo…molto in fondo), la recente sentenza della Cassazione secondo la quale gli autori di uno stupro di gruppo non meritano il carcere. E non è un caso, alla fine, che proprio in Italia stia per nascere la figura di un avvocato specializzato solo nella difesa delle donne.
Proprio per questo le Donne della Provincia di Rimini dicono -Basta!- al femminicidio, proprio per questo, a partire dall’ultimo mercoledì del mese di maggio p.v. esattamente il giorno 29 maggio dalle ore 17,30 e per tutti i mesi dell’anno (fino a che non muterà qualche cosa) manifesteranno silenziosamente la loro rabbia in piazza Cavour, appellandosi al Prefetto, al Sindaco e al Presidente della Provincia.
Questo invito sarà esteso a tutte le Donne italiane, a tutti gli enti, i sindacati, le associazioni datoriali, le associazioni, la società civile…
Non vogliamo più essere maltrattate,
NON VOGLIAMO PIU’ VEDERE ALTRE DONNE MALTRATTATE
non vogliamo più subire violenza economica, psicologica, fisica…
NON VOGLIAMO PIU’ DONNE MORTE AMMAZZATE per impossibili ed improbabili “delitti passionali”.
Vogliamo essere rispettate perché persone e la Legge ci deve proteggere!
E’ questo che la nostra presenza in piazza vuole significare.
Perché siamo stanche di tutto questo.
Siamo stufe.
Siamo infuriate.
E non intendiamo più portare dentro di noi questa stanchezza, questa rabbia, questo dolore.
Vogliamo portarli fuori, perché diventino una forza e non una debolezza: perché muovano il cambiamento che ormai non può, non deve più tardare!
Aspettiamo tutte e tutti mercoledì 29 maggio dalle ore 17,30 in piazza Cavour: Indossate il nastro bianco del contrasto al femminicidio!
Il presente appello sarà distribuito anche a livello nazionale, affinché ogni piazza ed ogni Sindaco siano coinvolti nella lotta di contrasto alla violenza alle Donne.
p. La Rete contro la violenza alle
Donne di Rimini
La Consigliera delegata alle Politiche di Genere
e Pari Opportunità della Provincia di Rimini
Leonina Grossi