Proseguiamo la pubblicazione di brani della Dottrina Sociale della Chiesa inerenti il tema del lavoro.
DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
Capitolo VI – Il lavoro umano
(Estratto)
281 Il rapporto tra lavoro e capitale trova espressione anche attraverso la partecipazione dei lavoratori alla proprietà, alla sua gestione, ai suoi frutti. È questa un’esigenza troppo spesso trascurata, che occorre invece valorizzare al meglio: «ognuno, in base al proprio lavoro, abbia il pieno titolo di considerarsi al tempo stesso il “comproprietario” del grande banco di lavoro, al quale s’impegna insieme con tutti. E una via verso tale traguardo potrebbe essere quella di associare, per quanto è possibile, il lavoro alla proprietà del capitale e di dar vita a una ricca gamma di corpi intermedi a finalità economiche, sociali, culturali: corpi che godano di una effettiva autonomia nei confronti dei pubblici poteri, che perseguano i loro specifici obiettivi in rapporti di leale collaborazione vicendevole, subordinatamente alle esigenze del bene comune, e che presentino forma e sostanza di una viva comunità, cioè che in essi i rispettivi membri siano considerati e trattati come persone e stimolati a prendere parte attiva alla loro vita». La nuova organizzazione del lavoro, in cui il sapere conta di più della sola proprietà dei mezzi di produzione, attesta in maniera concreta che il lavoro, a motivo del suo carattere soggettivo, è titolo di partecipazione: è indispensabile ancorarsi a questa consapevolezza per valutare la giusta posizione del lavoro nel processo produttivo e per trovare modalità di partecipazione consone alla soggettività del lavoro nelle peculiarità delle varie situazioni concrete.
283 La proprietà privata e pubblica nonché i vari meccanismi del sistema economico devono essere predisposti per un’economia a servizio dell’uomo, in modo che contribuiscano ad attuare il principio della destinazione universale dei beni. In tale prospettiva diventa rilevante la questione relativa alla proprietà e all’uso delle nuove tecnologie e conoscenze, che costituiscono, nel nostro tempo, un’altra forma particolare di proprietà, di importanza non inferiore a quella della terra e del capitale. Tali risorse, come tutti gli altri beni, hanno una destinazione universale; anch’esse vanno inserite in un contesto di norme giuridiche e di regole sociali che ne garantiscano un uso ispirato a criteri di giustizia, di equità e di rispetto dei diritti dell’uomo. I nuovi saperi e le tecnologie, grazie alle loro enormi potenzialità, possono dare un contributo decisivo alla promozione del progresso sociale, ma rischiano di divenire fonte di disoccupazione e di allargare il distacco tra zone sviluppate e zone di sottosviluppo, se rimangono accentrati nei Paesi più ricchi o nelle mani di ristretti gruppi di potere.