Rimini – 3 giugno
dal sito www.disabili.com
Destrutturazione e disorganizzazione sono i difetti più evidenti del sistema assistenziale
Nell’ultimo decennio il numero di collaboratori che, con formule e modalità diverse, prestano la loro attività presso le famiglie italiane è passato da poco più di un milione (nel 2001) agli attuali 1 milione e 655 mila, registrando per altro una crescita significativa nel numero degli stranieri. È questo il dato più significativo che emerge da una ricerca realizzata dal Censis e dall’Ismu per il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e presentata nei giorni scorsi a Roma.
Diversi i fattori che la ricerca colloca all’origine del fenomeno: tra questi un ruolo importante l’hanno sicuramente giocato l’invecchiamento demografico, con conseguente aumento della dimensione di non autosufficienza, la crescente propensione delle donne al lavoro, con conseguente riduzione del tempo per le attività domestiche e la trasformazione che ha investito il modello familiare, oggi sempre più frammentato. A questo si aggiunga poi un sistema di welfare pubblico che si è trovato costretto a delegare alle famiglie quote consistenti di “assistenza” dando vita ad una dimensione di welfare fai da te e l’evoluzione nelle politiche di assistenza sociale e sanitaria che, indirizzandosi sempre più verso modelli di de-ospedalizzazione che privilegiano la componente residenziale e domiciliare, spingono ulteriormente in direzione della crescita di questo settore.
È la “forte destrutturazione”, secondo il rapporto, la caratteristica principale dei servizi di collaborazione domestica in Italia, anche nei casi di assistenza specialistica a persone non autosufficienti. Molti gli elementi che contribuiscono a delineare tale panorama destrutturato: la tendenziale poliedricità e scarsa specializzazione dell’offerta di servizi, l’83,4% dei collaboratori si occupa oltre che di assistenza anche dei lavori domestici; la sostanziale sottovalutazione del valore delle competenze, soltanto il 14,3% dei lavoratori ha seguito un percorso formativo finalizzato al lavoro che svolge; l’assenza di intermediazione nel rapporto di lavoro, la percentuale di famiglie che si avvale di intermediari nell’assunzione è pari al 19,1%; l’esistenza di un’ampia area di lavoro totalmente irregolare, che riguarda ben il 27,7% degli assistenti domestici; il carattere residuale della scelta lavorativa, il 71,1% dei collaboratori si trova infatti nell’attuale condizione non per scelta ma per necessità.
L’irrinunciabilità del servizio costringe poi alcune famiglie a considerare l’ipotesi che un membro della stessa rinunci al lavoro per prendere il posto del collaboratore. Tra le famiglie attualmente prive di badante, il 20% dichiara che in casa é presente una persona che ha bisogno di cura e assistenza. In questi casi non ci sono esborsi economici da sostenere, ma un costo non irrilevante grava comunque sulla famiglia: la rinuncia a lavorare da parte di un suo componente.
Si stima infine che nel 25% delle famiglie in cui è presente una persona da assistere, e non si possa ricorrere ai servizi di un collaboratore, vi è una donna (nel 90,4% dei casi) giovane (il 66% ha meno di 44 anni) che ha rinunciato al lavoro: interrompendolo (9,7%), riducendo significativamente l’impegno (8,6%) o smettendo di cercarlo (6,7%).