È appena uscito, per i tipi della casa editrice LAS Pubblicazioni dell’Università Pontificia Salesiana, il volume “Fellini e il Sacro”, che raccoglie una serie di saggi e testimonianze dedicate al rapporto del regista riminese con la spiritualità.
Tra i promotori del progetto – che prevede anche un convegno, che si terrà in autunno – c’è la “nostra” Sabrina Zanetti, che firma la recensione dell’opera che qui pubblichiamo.
Promosso dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli” di Rimini e il Centro Culturale “Paolo VI” di Rimini – con il patrocinio e il supporto del Pontificio Consiglio per la Cultura e del “Cortile dei Gentili” – il libro raccoglie contributi rigorosamente scientifici di studiosi, critici cinematografici e teologi che ripercorrono una sorta di itinerario spirituale che ha caratterizzato la vicenda umana e artistica di Fellini.
I saggi anticipano il convegno “Fellini e il Sacro” che si terrà in occasione del centenario della nascita del regista riminese nell’autunno 2020 tra Rimini e Roma (le due città di Fellini).
Gli scritti presenti in questo volume, grazie all’autorevolezza e alla competenza dei loro autori, contribuiscono ad approfondire talvolta con aspetti inediti lo studio e la conoscenza del rapporto tra Fellini e il sacro.
Il tema del sacro è affascinante e riapre un’antica e mai sopita questione sul rapporto del più geniale e famoso regista italiano con la religione, la Chiesa, il metafisico.
La critica, peraltro, ha etichettato i film degli anni Cinquanta La strada, Il bidone, Le notti di Cabiria come “Trilogia della grazia”. Il discorso del Matto ne La strada, il pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore ne Le notti di Cabiria, e il calvario stesso di Cabiria, la caduta del protagonista ne Il Bidone, sono elementi che indicano una tensione spirituale, un’attenzione all’anima dei personaggi.
Ma Federico Fellini è anche il regista che ha scandalizzato le alte sfere dell’autorità ecclesiastica, e non solo quelle, con la Dolce vita, colui che ne Le tentazioni del dottor Antonio irride al moralismo cattolico, che osa concepire la celebre sfilata di moda ecclesiastica nel film Roma. Che in 8½ e in Amarcord inchioda gli insegnamenti cattolici e la Chiesa nei loro tratti punitivi e bacchettoni. Eppure più elementi, nel cinema di Fellini, portano a definire la rotta del suo rapporto con il sacro.
Tutta l’operazione “Fellini e il Sacro” nasce dall’assunto che Fellini abbia uno spessore “spirituale” ancora non pienamente indagato.
Il libro è avvolgente come una spirale, perché non vuole assolutamente porsi nella direzione del testo edificante, né dottrinario, e ancor meno a caccia di proseliti. I saggi pubblicati sotto forma di “Studi e Testimonianze” non hanno alcuna pretesa confessionale, ma il solo scopo di comprendere le forme in cui, al di fuori di ogni appartenenza religiosa, si sia espressa la tensione spirituale di Fellini nei suoi capolavori cinematografici. Ogni saggio è capace di introdurre il lettore in un affresco magmatico di immagini, volti, voci, suoni e situazioni tra le cui maglie si rintracciano gli elementi che permettono una lettura simbolica della ricerca che il Maestro ha sviluppato durante tutta la sua esistenza e che ha mirabilmente fissato nelle sue pellicole.
I vari autori indagano la spiritualità dell’artista, la ricerca di senso interiore presente nelle sue opere, con aspetti inediti della sua biografia e della sua produzione artistica.
Dall’infanzia riminese al sodalizio esistenziale e artistico con Giulietta Masina; dai film denominati “Trilogia della Grazia” (La Strada, Le notti di Cabiria, Il Bidone) al caso/scandalo de La dolce vita; dal rapporto giovanile con il mondo cattolico riminese all’amicizia con i Gesuiti Arpa, Taddei e Fantuzzi. Ne emerge un Fellini dal profilo spirituale curioso e inquieto, ma anche animato da una dimensione di gratuità e apertura profonda alla dimensione religiosa.
Lo storico Davide Bagnaresi apre l’elenco degli studi con una ricerca accurata sul “primo” Fellini, quello riminese. Approfondisce tappe, luoghi e figure guida della sua gioventù, un quadro fondamentale per comprendere la formazione culturale e religiosa del futuro regista, nonché le numerose sfumature all’interno dei suoi film altrimenti incomprensibili.
Lo storico del cinema, il salesiano Renato Butera, mette in luce – con la scansione accurata di tutti i film del Maestro, “La rappresentazione del sacro in Fellini”. Preti e religiosi di ogni genere, grado e appartenenza, sacramenti, feste e processioni, statue e immagini di devozione, disseminati nelle storie per lo schermo, non di rado memoria di un cattolicesimo italiano ante-guerra, convivono accanto, ma non confusi, con altri elementi che Fellini mutua da altre dimensioni religiose, nonché dai suoi interessi volti al paranormale, al simbolico e all’onirico in chiave junghiana. Gianfranco Angelucci, critico cinematografico, cineasta e stretto amico e fidato collaboratore di Fellini, nel suo saggio descrive Federico come una delle persone più sensibili al richiamo della spiritualità, spontaneamente inclinato al mistero, al prodigio, alla gratitudine per ogni manifestazione dell’esistenza. Un credente nell’accezione più elementare del contatto con il trascendente e, nel solco dell’insegnamento cristiano, sempre generoso verso chi aveva bisogno, fino al punto di trasformare i suoi set in autentico rifugio per i tanti emarginati del mondo dello spettacolo e diseredati della Capitale.
Il biblista Guido Benzi svolge un’analisi approfondita sugli elementi metaforici e simbolici che hanno un forte richiamo biblico all’interno dei film di Fellini. Si pone inoltre una curiosa domanda. Come mai Fellini, al pari del suo “maestro” Rossellini e dell’amico Pasolini, ma poi anche di Zavattini, Zeffirelli e Olmi, non si è lasciato catturare dai testi e dalle narrazioni bibliche? Esse avrebbero fornito (come per il patrimonio dell’epica classica) enormi occasioni e spunti al regista riminese.
Gianfranco Miro Gori, specialista di cinema e di poesia, nel suo spumeggiante excursus mette in risalto le affinità dell’autore con Giovanni Pascoli e Tonino Guerra. Tre artisti nati dalla medesima terra d’origine con in comune l’attenzione agli ultimi, ai temi della morte o delle campane: argomenti immortalati da Pascoli e Guerra e nella poetica di Fellini.
Auro Panzetta, esperto di arte sacra, esamina dettagliatamente ogni simbolo del sacro passando al setaccio la filmografia. Parte dalle prime prove di regia, per poi focalizzare l’attenzione sulle opere della cosiddetta Trilogia della Grazia (La Strada, Il Bidone, Le notti di Cabiria), per poi approdare a quelle della maturità.
Il critico cinematografico Gianluca Arnone passa in rassegna gli atteggiamenti altalenanti dei critici cattolici nei confronti del regista, dall’encomio, all’anatema, al sospetto. Protagonista, in questo caso, è la Rivista del Cinematografo (organo ufficiale del Centro Cattolico Cinematografico della Conferenza Episcopale Italiana).
La filosofa Claudia Caneva utilizzando un approccio antropologico, restringe il campo ai personaggi di Gelsomina, Cabiria e Giulietta, tre diverse tipologie di protagoniste (che portano il volto di Giulietta Masina) che vivono lo stesso desiderio di dare e ricevere amore, ma risultano vittime della società e pronte a perdonare. Sempre sulla spiritualità di Giulietta Masina si avventura il teologo Marco Tibaldi. Donna di grande fede, Giulietta ha saputo interpretare magistralmente i valori del sacro impressi su pellicola dal marito. Nelle sue interpretazioni si scorgono i riflessi di una religiosità che passa dal tradimento approdando al perdono, alla redenzione fino al sacrificio.
La professoressa Cecilia Costa analizza in chiave sociologica l’immaginario religioso che emerge ne Le notti di Cabiria e ne La dolce vita e indaga gli aspetti più intimi delle due pellicole, evidenziandone tematiche anticipatorie e contraddizioni.
Il saggista Jonathan Giustini rievoca a ruota libera i sopralluoghi fotografici dell’assistente Paolo Nuzzi al Santuario del Divino Amore (Roma), che compare nel film Le notti di Cabiria. Tale sopralluogo porterà Fellini in contatto con la figura carismatica di don Umberto Terenzi, allora rettore del Santuario.
Francesco Ramberti dalla sua ottica di grafico designer, affronta la peculiarità dell’armamentario cinematografico utilizzato spesso come scenografia, un accumulo di simboli di elevazione: torrette, trabanelli, gru e dolly che si innalzano in cielo. Se per Fellini, la scena è “altro dalla vita”, è in questo “Altro” che si ravvisa una dimensione metafisica che rende il suo cinema universale e sacro, perché pensato come uno spazio rituale.
Una voce artistica – infine – è affidata alla poetessa riminese Ardea Montebelli che riconosce nel dialogo tra Gelsomina e il Matto la proposta di una Annunciazione.
Il volume è impreziosito anche da due prefazioni e due postfazioni. Mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, ripercorre il rapporto tra Fellini e la comunità cristiana riminese, dando notizia anche di curiosi particolari che hanno costellato gli ultimi mesi del regista. Il rettore magnifico della Università Pontificia Salesiana, don Mauro Mantovani, accosta il centenario di Fellini a quello di due suoi “coscritti”: San Giovanni Paolo II e la fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich. Infine don Fabio Pasqualetti(decano della Facoltà delle Scienze della comunicazione sociale dell’UPS) e Paola Affronte (presidente del Centro Culturale “Paolo VI” di Rimini) esprimono il significato profondo dell’intero progetto.
In attesa di potere acquistare l’opera nelle librerie del territorio italiano (chiuse a causa del Covid -19), il volume è comunque disponibile sulle principali librerie on line e sul sito della casa editrice LAS Pubblicazioni dell’Università Pontificia Salesiana dove è acquistabile sia in formato cartaceo che sotto forma di e-book. https://www.editricelas.it
Una lettura davvero preziosa, che accompagna il lettore a scoprire aspetti inusuali dell’opera e del percorso più intimo di Federico Fellini. Un testo corale che pur mantenendo registri di altissima qualità, scorre fluido e appassionante ed è in grado di trasportare il lettore a un confronto profondo con le domande di senso che hanno segnato la parabola artistica e umana di Federico e nelle quali ognuno è in grado di riconoscersi.
Sabrina Zanetti