Due vescovi e un medico di Aleppo: «Eliminare le cause della guerra. E aiutare i siriani a rimanere”
di Marinella Correggia
Gli aleppini, un popolo in faticoso cammino con le taniche d’acqua a far la spola dai camioncini cisterna alle scale di casa. Gli aleppini senza elettricità che scoppiano di caldo d’estate e non sanno come scaldarsi d’inverno. Gli aleppini e in genere i siriani ormai all’80% senza lavoro remunerato a causa della guerra – ha un reddito quasi solo chi è dipendente statale.
L’impossibile, rischiosa vita quotidiana dei siriani che non riescono o non vogliono lasciare quartieri e patria è descritta nelle lettere del dottor Nabil Antaki, volontario dei Maristi Blu. La lettera n. 23 dell’8 settembre (per intero è qui: http://oraprosiria.blogspot.it/2015/09/banalizzazione-dellorrore-lettera-dai.html) ricorda quello che «non fa più notizia» nei quartieri ancora controllati dall’esercito nazionale ma presi di mira dall’Al Qaeda siriana, Al Nusra: «Aleppo manca di acqua e gli abitanti hanno sofferto molta sete e molto caldo quest’estate. Non era a causa della siccità o dell’abbassamento del livello dell’acqua nell’Eufrate. La stazione di pompaggio esiste e non è stata distrutta. Siamo stati alla mercé di bande armate che hanno deciso di tagliarci l’acqua (con 40 gradi all’ombra) durante molte settimane».
Così le autorità hanno scavato pozzi per fornire di acqua circa due milioni di persone: «Aleppo è diventata una gruviera».
Il medico non si limita a riferire sulla situazione ad Aleppo e sull’impegno dei volontari locali, ma ammonisce: «Nel frattempo, fermate quella guerra che avete scatenato in Siria e vedrete che il flusso dei profughi che vi disturba si prosciugherà perché le persone preferiscono restare a casa loro e conservare la loro dignità. Non dobbiamo dimenticare le migliaia di profughi che sono morti annegati o asfissiati. Vi siete indignati solamente quando i vostri media vi hanno mostrato l’immagine straziante del piccolo Aylan su una spiaggia turca. Bisognava farlo prima, e anche adesso, dopo questo dramma».
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Padre George Abou Khazen, francescano libanese, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, è in Italia per la riunione del Pontificio consiglio Cor Unum sulla crisi siriana e irachena. L’avevamo incontrato esattamente un anno fa (http://www.scoop.it/t/notizie-dalla-siria-una-iniziativa-www-sibialiria-org/p/4027946041/2014/09/13/chi-ha-fatto-salire-l-asino-sul-minareto-lo-faccia-scendere).
Nell’emergenza quotidiana dei siriani, quanto e come incidono le sanzioni occidentali (per avere un’idea della loro ampiezza, si legga qui: http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2991, ndr)?
«I siriani già stremati da oltre 4 anni di guerra sono puniti anche dalle sanzioni. Dobbiamo ringraziare il fatto che la Siria ha tuttora fabbriche di medicinali che funzionano, altrimenti ci mancherebbero del tutto anche quelli. Ma la penuria è totale. Per esempio non arrivano i macchinari per gli ospedali. Tanti posti di lavoro sono stati soppressi a causa della guerra peggiorata dalle sanzioni. Non si riesce a mandare il denaro agli studenti siriani all’estero con borsa di studio. Manca tutto e anche gli idrocarburi, perché i nostri pozzi sono nell’area controllata dal califfato».
I siriani che cercano di arrivare in Europa scappano soprattutto dalle zone conquistate dal califfato, ma anche dai quartieri di Aleppo. L’accoglienza è importante, ma se il paese si svuota…?
«È proprio così. La Siria si svuota del suo popolo… Noi chiediamo, con forza, sì di accogliere chi è già arrivato da voi, ma soprattutto di aiutare chi rimane, anziché favorire le partenze. L’emorragia di cervelli e braccia è enorme. I benestanti sono già andati via anni fa, accolti anche grazie alla loro disponibilità di capitale. La classe media se ne sta andando adesso, vendono la casa e partono cercando asilo. Sono partiti in questi anni di guerra 35mila medici, dopo aver studiato del tutto gratis. Se ne vanno tanti giovani che non vogliono rischiare la vita facendo il servizio militare di leva».
Rimangono i poveri. Perché non si pensa a eliminare le cause di questo fenomeno?
«Già, le cause. È proprio impossibile che finisca la guerra, alimentata da interventi armati occidentali diretti – come in Iraq e Libia – e indiretti – come in Siria? Un sondaggio pubblicato dal Washington Post su siriani delle 14 province del paese rivela che il 64% di loro ritiene possibili soluzioni diplomatiche, il 65% ritiene che si possa tornare a convivere e il 70% è contrario alla divisione del paese.
Certo! La pace non è mai impossibile. Anche in Libano sembrava che il conflitto sarebbe durato per sempre. E nell’operare per la pace tutti possono avere un ruolo. Ricordo che per esempio l’avvio di negoziati fra israeliani e palestinesi, decenni fa, iniziò perché il sindaco di Betlemme fu invitato in Italia e da lì iniziarono una serie di passi… anche se l’esito non è stato molto felice. Ma se la guerra va avanti, e se la Siria cade nelle mani del califfato e dei suoi cugini, se viene spezzettata in staterelli, è finita per tutto il Medioriente. Come prima cosa occorre un cessate il fuoco e un processo politico. Il governo siriano ha aperto all’opposizione ma ovviamente non si può accettare che abbiano una parte anche gli 85mila combattenti stranieri, sostenuti dall’estero. Bisogna guardare alle cause della tragedia ed eliminarle… Grandi potenze straniere e gruppi tuttora appoggiano economicamente gruppi armati. Che sono più o meno come lo Stato islamico, come Jabath al Nusra e altri».
E allora come sconfiggere il califfato dell’Isis, che l’82% dei siriani intervistati dal suddetto sondaggio ritiene creato dagli Stati Uniti e comunque dall’estero? Che cosa può fare l’Italia, che finora ha agito al traino di Usa, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Francia e Gran Bretagna, contribuendo all’escalation?
«Vanno chiusi i rubinetti! Da dove entrano le armi? E i camion e i mezzi militari fiammanti? Chi addestra e chi fa passare uomini venuti a combattere da tutto il mondo in Siria e Iraq? E chi compra il petrolio dei giacimenti che adesso sono controllati dall’Isis in Siria e Iraq? Chi compra dai terroristi i reperti archeologici iracheni e siriani, il tesoro forse più ricco al mondo? (padre George lo ha dichiarato anche in un’intervista a La7: https://www.youtube.com/watch?v=9yLccuQp17E ndr). Mi chiedo poi come mai non tagliano le linee di approvvigionamento: abbiamo tutti visto nel deserto i mezzi dell’Isis incolonnati, era così difficile fermarli? E perché non tagliano le comunicazioni? È tutto possibile, se si vuole, con la tecnologia. Ma forse il califfato è servito e continua a servire…».
Dal punto di vista dell’aiuto materiale a chi rimane in Siria, che cosa possono fare paesi, gruppi e singole persone?
«Tanto! I Fratelli Maristi, la Caritas, la Mezzaluna siriana si danno da fare con l’aiuto della popolazione, in fratellanza. Direttamente gestiamo il programma di fornitura di acqua con camioncini muniti di serbatoi, pompe e generatore. Un ospedale religioso cura gratuitamente i feriti gravi di guerra. Distribuiamo alimenti e pasti caldi. Organizziamo attività pedagogiche per i bambini e gli adolescenti. Ci piacerebbe anche “adottare una… finestra”, ovvero aiutare chi rimane a riparare in parte le case danneggiate. Così oltretutto si darebbe lavoro ad artigiani».
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Monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, presidente di Caritas Siria, è intervenuto alla conferenza stampa “Cristiani di Siria: aiutateci a rimanere” organizzata da Aiuto alla Chiesa che soffre, Roma, 16 settembre 2015.
Chi rimane, e l’esodo che contribuisce alla rovina del paese
«Quando vado per strada ad Aleppo vedo miseria ovunque… I ricchi sono partiti da un pezzo, la classe media è diventata povera, i poveri si sono immiseriti. Le sanzioni alla Siria contribuiscono alla disgrazia».
«Conosco l’esperienza degli immigrati cristiani caldei che dall’Iraq sono arrivati in Siria. È un’esperienza di morte, di fine della presenza cristiana. Cerco quindi di far rimanere le persone qui, anche se capisco chi va via».
«I ragazzi scappano per non rischiare la vita con il servizio di leva. Tanti vanno via perché non si sa quando finirà la tragedia, e la povertà spinge via. Inoltre l’Occidente esercita un’attrattiva forte».
Le colpe e i colpevoli
«Aleppo si trova a 40 chilometri dal confine con la Turchia che accoglie gruppi armati, li forma, li arma; da almeno 5 punti lanciano attacchi ai nostri quartieri. Ho paura che Aleppo faccia la fine dell’irachena Mosul…».
«Tutta questa guerra ha lo scopo di distruggere e dividere la Siria, per interessi strategici esterni e per il commercio di armi. Gli estremisti armati sono sostenuti da varie potenze sunnite».
«Da 5 anni aspettiamo una soluzione, ma sembra che ci sia la determinazione di continuare la guerra fino a distruggere tutto, tutto come in Iraq, come in Libia, come in Yemen».
Il rimpianto della convivenza
«Non vorremmo in Siria parlare di persecuzione, non è la nostra storia. Questa non è la Siria, sono gruppi e pensieri che arrivano dall’esterno. Cristiani e musulmani hanno sempre convissuto, superando i conflitti…».
La pace è sempre possibile, ma…
«Una soluzione politica, negoziale è ancora possibile, i siriani sono capaci di riconciliazione».
All’Agenzia stampa Fides, monsignor Audo spiega: «Noi facciamo di tutto per difendere la pace mentre in Occidente dicono di fare tutto in difesa dei diritti umani, e con questo argomento continuano anche ad alimentare una guerra infame. È il paradosso terribile in cui ci troviamo. Non riusciamo più a capire cosa vogliono davvero».
Fonte: L’AntiDiplomatico