di Ufficio Stampa Rn
lunedì, 25 marzo 2013 ore 17:50
“Il villaggio è come un cesto che è stato rotto ed i pezzi sono sparsi. I pezzi sono ancora lì ma nessuno può vederli. Quello che è stato rotto può essere intrecciato di nuovo, lentamente e gradualmente, ma solo da coloro che trascorreranno del tempo vicino alla gente del villaggio, costruendo con loro un rapporto di fiducia. Alla fine le persone del villaggio divengono esse stesse tessitori e portano il compito avanti, sempre più avanti. Il cesto sarà migliore di prima, ma all’inizio deve essere come prima”.
Meas Nee
La Fondazione En.A.I.P. S. Zavatta Rimini e l’ Associazione Sergio Zavatta Onlus nel prossimo mese di maggio organizzeranno la loro 5^ Conferenza Organizzativa, che si colloca in un periodo di profonda crisi, non solo economica, della nostra società.
“Convinti come siamo che ci si salva insieme, la conferenza è accompagnata dalla certezza che le cosiddette risorse umane del Sistema Enaip siano tali da permetterci di avere speranze fondate. Ma non possiamo riscuotere le speranze. A chi deve guardare e a chi deve rispondere chi educa e si educa?A chi cresce. – spiega il presidente Ubaldo Rinaldi – E deve farlo guardando oltre, avanti, cioé non fermandosi a quello che ora vede, non a quello che chi cresce è; ma aprendosi al domani, a ciò che sarà. E’ la dimensione “profetica”(don Lorenzo Milani) propria dell’educazione (educare/educarsi). Chi cresce non può essere solo “commentato”, magari sapientemente, per quello che é; deve ricevere indicazioni per quello che forse sarà.Chi educa non è un ‘commentatore di diagnosi, di valutazioni istantanee, di quell’istante. Ha il dovere di aprire varchi, o almeno spiragli, di ispirare luoghi in cui andrà chi cresce e non chi educa. Deve trasmettere non nozioni, ma un sentimento misto di curiosità e di sfida. Non è il custode o il padrone di un tesoro, neanche culturale. E’ un attento osservatore degli orizzonti per ‘fiutare’ le speranze. Non può accontentarsi e neanche accontentare, perché chi cresce non va accontentato: deve andare oltre. Quando arriva un po’ di sconosciuto (un soggetto non diagnosticato o con diagnosi non chiara; un soggetto particolare per i comportamenti o per la cultura di provenienza), chi educa deve essere contento. E’ come quando in un villaggio sperduto arrivava un viaggiatore, uno straniero, che portava novità e notizie, anche difficili da capire. Benvenuto l’imprevisto!
Dobbiamo organizzarci. E dobbiamo conoscere meglio tutti: lo sfondo sociale e politico su cui il nostro ente agisce e dovrà muoversi; i valori che vuole affermare nel proprio impegno; le idee e le spinte innovative che accompagnano chi opera quotidianamente. Dobbiamo dialogare, e nessuno può tenersi fuori. Dialogare vuol dire ascoltare e prendere la parola. Tutte e tutti.
Non c’è nulla da temere dalle idee tranne il fatto che possiamo non capirle”.