Nel 1961 Hannah Arendt seguì le 120 sedute del processo Eichmann (il famigerato criminale nazista) come inviata del settimanale New Yorker a Gerusalemme. Ciò che la Arendt scorgeva in Eichmann non era neppure stupidità ma qualcosa di completamente negativo: l’incapacità di pensare. Eichmann ha sempre agito all’interno dei ristretti limiti permessi dalle leggi e dagli ordini. Questi atteggiamenti sono la componente fondamentale di quella che può essere vista come una cieca obbedienza. Egli non era l’unica persona che appariva normale mentre gli altri burocrati apparivano come mostri, ma vi era una massa compatta di uomini perfettamente “normali” i cui atti erano mostruosi. Dietro questa “terribile normalità” della massa burocratica, che era capace di commettere le più grandi atrocità che il mondo avesse mai visto, la Arendt rintraccia la questione della “banalità del male”. “La crudeltà è la virtù per eccellenza dei mediocri: hanno bisogno di esercitare la crudeltà, esercizio per cui non è richiesta la minima intelligenza”[1].
Il male non è una creazione di Dio, ma una libera scelta dell’uomo. Dio mostra all’uomo tutto il suo amore, ma non c’è amore senza libertà e non c’è libertà senza la possibilità di rifiutare l’amore e quindi di compiere esattamente il suo contrario. Dio non è impotente di fronte al male, è impotente di fronte alla libera scelta dell’uomo.
La costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo è uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II e della Chiesa cattolica.
Leggiamo nell’articolo 3 numero 1730 dal titolo “La libertà dell’uomo”: “Dio ha creato l’uomo ragionevole conferendogli la dignità di una persona dotata dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti. « Dio volle, infatti, lasciare l’uomo “in balia del suo proprio volere” perché così esso cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga liberamente, con l’adesione a lui, alla piena e beata perfezione. L’uomo è dotato di ragione, e in questo è simile a Dio, creato libero nel suo arbitrio e potere[2] |
Proseguiamo nella lettura 1735 e 1736“L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali. Ogni atto voluto direttamente è da imputarsi a chi lo compie…”[3]
Questa introduzione ci porta con la memoria alla giornata del 25 novembre dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. Il coordinamento Donne Acli Nazionale è intervenuto con vari articoli su La Stampa, su il Sole 24ore, sul Corriere della Sera (Roma). 187 Paesi hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sull’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (in sigla CEDAW) dove leggiamo. “Convinti che lo sviluppo pieno e completo di un paese, il benessere del mondo e la causa della pace esigono la massima partecipazione delle donne, in condizioni di parità con gli uomini in tutti i campi. Tenuto presente il grande contribuito delle donne, finora non pienamente riconosciuto, al benessere della famiglia ed al progresso della società, l’importanza del ruolo sociale della maternità ed il ruolo di entrambi i genitori nella famiglia e nell’allevamento dei figli. Consapevoli del fatto che il ruolo delle donne non deve essere fonte di discriminazione e che anzi l’allevamento dei figli richiede una condivisione delle responsabilità tra uomini e donne, e con la società nel suo insieme,
Consapevoli che per poter ottenere una piena uguaglianza fra uomini e donne è necessario un mutamento nel ruolo tradizionale dell’uomo nonché nel ruolo delle donne nella società e nella famiglia,
Decisi ad attuare i principi enunciati nella Dichiarazione sull’eliminazione della discriminazione contro le donne e, a questo fine, ad adottare le misure necessarie per l’eliminazione di tale discriminazione in ogni sua forma e ogni sua manifestazione. [4]”
Noi come Donne ACLI Rimini abbiamo aderito a tre campagne: quella del “Fiocco Bianco” che è da anni presente a livello mondiale e qui nel locale tramite l’assessore Leonina Grossi della Provincia di Rimini; quella della “camminata antiviolenza” che è stata ideata per la prima volta il 25 novembre dal Comune di Rimini e che per essere una “prima volta” ha avuto un notevole successo: eravamo in cinquemila! E l’ultima adesione è stata la firma del protocollo d’intesa per l’attività di sensibilizzazione sulla parità e non discriminazione tra i generi nell’ambito della pubblicità tra il Comune di Rimini, rappresentato dall’ Assessore alle Politiche di Genere, Nadia Rossi, e le agenzie pubblicitarie e di comunicazione. (noi possiamo considerarci una associazione che veicola anche la comunicazione). Il Protocollo prevede, inoltre, l’ impegno del Comune di Rimini, (e dai firmatari del protocollo, anche su segnalazione dei cittadini), a denunciare all’ Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria di Milano, le comunicazioni commerciali che vengano ritenute lesive della dignità dei generi. Qualsiasi Ente, Istituzione, Associazione, Società o singolo professionista che intenda rispettare le indicazioni del Protocollo, può chiedere di aderire allo stesso mediante domanda indirizzata all’Assessorato alle Politiche di Genere del Comune di Rimini.
Ci stiamo muovendo nella “direzione giusta” ma non basta.. Il coordinamento Donne ACLI di Brescia in collaborazione con la “Casa delle Donne” sta portando avanti l’iniziativa “Parla con lui” che mette al centro dell’attenzione il tema della violenza con lo scopo di sensibilizzare e prevenire fenomeni violenti, coinvolgendo la cittadinanza anche attraverso le sollecitazioni di psicologi e di un punto di vita interessante: quello maschile. Il coordinamento Donne ACLI di Vicenza ha invece preso posizione “evidenziando l’esigenza di condannare la violenza perpetrata spesso, troppo spesso, contro le donne e in particolare l’esigenza di non ricordare certe manifestazioni di inciviltà soltanto in un giorno prestabilito, ma di condannare con forza ed adoperarsi per porvi fine”[5]
La violenza sulle donne è diffusa in qualsiasi contesto sociale, senza distinzioni di tipo economico, culturale, razziale o territoriale. La violenza, e soprattutto quella domestica, è un mezzo per esercitare il proprio potere sulla donna: non è mai un atto irrazionale, ma è continuo, strategico e premeditato. Non è un caso che gli uomini cerchino di colpire i punti del corpo in cui le ferite e i lividi non possono essere notati.[6] Noi come Donne ACLI e come ACLI provinciale Rimini vorremmo promuovere la ricerca, il dibattito e la divulgazione dei temi che riguardano la violenza contro le donne, il riconoscimento del loro valore e dell’inviolabilità del loro corpo, anche attraverso una serie di incontri formativi rivolti ai nostri associati senza distinzione di sesso ed età. “Oggi la violenza contro le donne è sempre più riconosciuta per quello che è: una minaccia per la democrazia (…) Non si tratta solo di una questione femminile: questa è una responsabilità per noi tutti. Questa violenza è un oltraggio e deve essere fermata…”[7]
Se iniziamo a sensibilizzare (partendo dalle nostre famiglie) nel nostro piccolo gli amici, i vicini, le case che frequentiamo, in definitiva nella nostra “vita quotidiana”, possiamo iniziare insieme un bel percorso. Ovviamente il problema è mondiale, ma se ognuno di noi inizia a fare qualcosa, si avrà un movimento a “cascata” che piano piano potrà arrivare, con un rimbalzo, anche più in alto di noi…. si deve fare quanto è nelle nostre possibilità senza cedere a sogni impossibili o immaginare una realtà utopica.
Vorremmo creare una serie di appuntamenti inerenti alla questione della violenza, sia sulle donne e sia sotto qualsiasi altra forma, per i nostri associati. Solitamente quando abbiamo organizzato incontri (che non siano state le nostre importanti gite “spirituali”) pochi di Voi hanno partecipato. Non è mera polemica, ma dalla constatazione dello stato dell’arte, risulta purtroppo veritiera questa mancata presenza, che invece sarebbe necessaria per dare un segnale forte a noi stessi e a al nostro territorio, politici compresi….. Questo non vuole dire che le cose non possono cambiare, anzi alcuni di Voi se vogliamo crescere possono iniziare a prendere parte (visto che siamo tutti uniti e sotto la stessa sigla Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani), e portare un contribuito di idee, di proposte, di essere e diventare dei soci veramente “attivi” e partecipare in questo modo alla vita della nostra Associazione! Confido molto in questo Vostro iniziare un percorso, insieme..
Si è svolto da poco proprio a Rimini il Festival Francescano che quest’anno ha avuto come titolo “Femminile, plurale“, la manifestazione dei francescani italiani che ha raccontato il ruolo delle donne nella società, nell’economia, nella cultura, nelle professioni, nelle religioni, nella Chiesa; del loro apporto decisivo e plurale. Un tema pertanto importante! Le donne nei vangeli vengono presentate come coloro che per prime hanno saputo accogliere e comprendere il Signore: dalla madre, grande non perché ha dato alla luce Gesù, ma perché ha saputo diventare discepola del figlio, a Maria di Magdala, prima testimone e annunciatrice della risurrezione del Cristo.[8]
Rileggiamo il brano del Vangelo di Marco dove la prima persona alla quale Gesù si manifesterà come il Messia atteso, sarà una samaritana, essere umano che come donna, adultera e impura era il meno credibile cui affidare l’importante rivelazione. Ugualmente l’unico fatto che il Signore chiede espressamente venga fatto conoscere ovunque è l’unzione compiuta su di lui da una donna: “In verità io vi dico: dovunque sarà predicato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che essa ha fatto“[9] Leggiamo ancora in Matteo che solo le donne sono incaricate dall’Angelo del Signore di annunciare la risurrezione di Gesù: “Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli”[10] Nei vangeli gli unici esseri che servono Gesù sono gli angeli (“e gli angeli lo servivano”, Mc 1,13) e le donne. Per gli evangelisti le donne non solo sono uguali agli uomini, ma svolgono un ruolo superiore, lo stesso degli angeli. Ci sembra una concezione profonda, grande e di alta responsabilità il trovarsi a “servire” il Signore e di grande devozione, fatta con amore e intelligenza.
Con questo non vogliamo dire che gli uomini siano inferiori, assolutamente! Anzi gli uomini potrebbero essere i portatori di una sana cultura della non violenza, sia sulle donne, sia sui bambini, sia nella politica, in tutti i contesti che ci circondano, creando delle basi per un futuro migliore. Un futuro di collaborazione con i sessi, senza distinzione di provenienza, di età, di cultura. Portare, insegnare, aiutare, come fecero gli Apostoli, nel “piccolo mondo” in cui ognuno vive la parola chiave: FRATENITA’/AMORE. Possiamo farlo tutti insieme…condividere significa attenzione per gli altri, perché gli interessi che ci assillano nel quotidiano possono renderci ciechi e sordi, ci si può dimenticare del bisogno di amore, ci si può dimenticare che sempre la storia, anche solo una storia, va costruita insieme. Condividere è operare per costruire la pace, è sentirsi, anche se piccoli e soli, responsabili dell’umanità, è la rinuncia a ogni forma di violenza fisica, ma anche mentale, verbale, economica, sociale, politica.
Riporto un breve passaggio del prof. Giuseppe Savignone pronunciata in occasione dell’incontro annuale svoltosi a Rimini con gli esponenti della politica e della società civile della diocesi il 7 dicembre “…è necessario perciò un gigantesco sforzo educativo che coinvolga in primo luogo gli adulti, che sono i veri soggetti dell’emergenza educativa, e li metta in grado di educare a loro volta nuove generazioni alle virtù (…) non sono tanto le strutture, ma le persone che le utilizzano a determinare le sorti di una società”[11]
Le strutture le abbiamo, ora tocca a noi, persone, iniziare ad educarci per educare….
Salve, Regína, Mater misericórdiæ, vita, dulcédo et spes nostra, salve.
Un Buon Natale di cuore!
Annamaria Semprini
Responsabile Provinciale Coordinamento Donne ACLI Rimini
[1] A. Baricco
[2] Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes , 17: AAS 58 (1966)
[3] Sant’Ireneo di Lione, Adversus haereses , 4, 4, 3: SC 100, 424
[4] http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it
[6] http://www.rompiilsilenzio.org/
[7] www.lastampa.it – Articolo del 25.12.2011 di Michelle Bachelet “La violenza sulle donna un flagello dell’umanità”
[9] Vangelo di Marco verso 14,9
[10] Vangelo di Matteo verso 28,7-8
[11] Giuseppe Savagnone è nato Palermo nel 1944 e qui ha insegnato per quarantuno anni Storia e Filosofia nei licei statali. Nel 1990 è stato nominato dal Card. Pappalardo direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della cultura di Palermo, servizio che, per volontà dei successivi Arcivescovi, Card. De Giorgi e Card. Romeo, continua a svolgere fino ad oggi. Per maggiori informazioni: http://savagnone.blogspot.it/p/biografia.html