IL DIALOGO INTERRELIGIOSO, testimonianza di Luciana Rossi

«Ho conosciuto le Acli più da vicino, direi dal di dentro, tramite amici – racconta Luciana Rossi –. I due convegni di Camaldoli ai quali ho partecipato, mi hanno dato la misura della serietà e della profondità con cui questa associazione sta dentro al dibattito culturale nazionale e internazionale. Mi sono poi resa conto, e ciò mi è sembrato molto interessante, che le Acli hanno un interesse e  affrontano i problemi attuali da una angolatura sia laica sia ecclesiale. Non solo, dentro a questa associazione, c’è molta attenzione alla franchezza con cui ci si relaziona e questo mi sembra un insegnamento evangelico di grande importanza, perché il Vangelo ci suggerisce sempre strade in salita ma il cui obiettivo è sempre luminoso. Proprio per tutto questo desiderero condividere con voi una esperienza che ho vissuto durante l’estate scorsa presso il Monastero delle agostiniane di Pennabilli, dove si organizzano sempre momenti di riflessione che sono occasione di grande crescita sia culturale che spirituale e potrebbe essere anche per tale associazione un punto di riferimento significativo».
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Dall’alto della Rupe, alle profondità dell’uomo

L’estate, per ragioni diverse, mi ha offerto l’opportunità di fermarmi, ascoltare, guardarmi intorno e riflettere un po’.
Lo scenario, che ha attraversato il mio sguardo, non è stato davvero incoraggiante e, soprattutto, così facile da leggere: nel mondo ci sono conflitti armati sempre più feroci e sempre più numerosi, gli attacchi terroristici sembrano ripetersi senza tregua, il Mediterraneo continua a essere un cimitero che ospita cadaveri di molteplici nazionalità…
Contemporaneamente l’Europa sembra “sbriciolarsi” sotto i nostri occhi, giorno dopo giorno, mentre si alzano i muri e dilaga la paura.

Allora, dentro di me, sono emersi tanti interrogativi, mentre le risposte, se pur parziali, faticavano a prendere corpo. È con questo stato d’animo che sono “salita” alla Rupe di Pennabilli, al Monastero delle Agostiniane, per seguire un corso di studi teologico intitolato “Il dialogo interreligioso”.
In verità mi sono iscritta con delle attese, con il desiderio di trovare delle chiavi di lettura, antropologiche e teologiche, per interpretare questo nostro tempo così complesso. Avevo, infatti, già avuto modo di seguire altri corsi e capire che le nostre monache hanno strumenti culturali non sempre comuni e capacità per organizzare momenti di riflessione seri e rigorosi.
Non solo la locandina degli incontri indicava nomi di docenti che provenivano da varie Università: dall’Urbaniana, alla Gregoriana, dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Arezzo a quello di Firenze, dalla facoltà teologica di Bologna fino all’Università di Macerata! I titoli degli incontri, poi, passavano dal dialogo interreligioso a quello interculturale, mettendo quindi in relazione l’aspetto religioso ed ecclesiale con quello antropologico e culturale. Così mi sono detta che valeva la pena di dedicare un fine settimana estivo per affrontare e approfondire temi di indiscussa validità e attualità.
Tutto mi ispirava fiducia e allora eccomi agli incontri!

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Subito il professor Jacopozzi metteva in chiaro che dal dialogo tra religioni e tra culture non si può prescindere e, solo in questa ottica, possiamo metterci al riparo dal fondamentalismo. D’altra parte, la fede cristiana, da sempre, si è confrontata con le diverse culture e oggi il pluralismo religioso svolge la stessa funzione che ha svolto l’ateismo nel XX secolo: mette in crisi la nostra mentalità monolitica! Sempre il prof. Jacopozzi ha precisato che il dialogo non è adatto per anime belle, per buonisti e per coloro che sono fuori dal mondo. Il dialogo, al contrario, è una parola da prendere sul serio e la sfida del dialogare va affrontata perché solo all’interno di questo incontro si riscopre la nostra identità di cristiani e si capisce che il pluralismo religioso non è un “problema” di fatto, ma di diritto cioè all’interno della religione stessa.
La filosofia poi ci aiuta, ci viene incontro per orientarci in questo nostro desiderio di dialogare, anche quando la paura è presente, anche quando non si sa bene chi è l’altro.

Certo per “imbarcarci” in questa avventura dialogica dobbiamo partire, come dice Paeryson, con la convinzione che in ogni cultura c’è un frammento di verità, che è comunque unica e che si manifesta in modo diverso e nelle diverse epoche storiche. Ma ciò che mi è sembrato più pacificante, più fondamentale, perché sperimentabile, è il sapere che la verità è itinerante, non si ferma e si svela nell’incontro.
Ecco perché, come ci ha illustrato, con una chiarezza magistrale, la professoressa Carla Canullo, la verità non si può disgiungere dalla libertà , perché appunto la verità ci interpella, ci chiede di comprometterci liberamente, esattamente come avviene in un incontro interpersonale!
All’interno di questi due pilastri, uno teologico e l’altro antropologico, tre nuovi relatori ci hanno presentato i passi che già sono stati messi in atto tra Cristianesimo ed Ebraismo, Islamismo e Buddismo.

Alla fine degli incontri, mi sembrava che la indiscussa competenza dei relatori non fosse sufficiente per spiegare la soddisfazione che i partecipanti esprimevano dalle repliche e dai pochi momenti informali. È bastato poco per intuirlo: un piccolo confronto con le monache mi ha aiutato a fare emergere due aspetti, che stavano sullo sfondo dei veri e propri momenti di studio, da una parte i relatori non sono solo degli studiosi rigorosi, ma tutti provengono e vivono esperienze umane e percorsi di fede molto ricchi.
Un solo esempio per capirci, Maria De Giorgi, l’esperta di Buddismo, è una missionaria Saveriana che vive e insegna per quattro mesi in Italia e gli altri otto mesi li vive in Giappone, dove lavora sistematicamente in un centro di dialogo interreligioso.
Infine tutti, relatori e partecipanti, erano lì per capire e in un atteggiamento di ricerca, nessuno aveva qualcosa da difendere, e questo forse ha favorito il dialogo e così è avvenuto un incontro.

                                                                                              Luciana Rossi