Ricorre quest’anno il settantesimo anniversario (1953-2023) dell’ingresso di monsignor Emilio Biancheri come vescovo a Rimini.
Per ricordare e festeggiare la ricorrenza, giovedì 18 maggio, ore 16-18, nella Sala Sant’Agostino (via Cairoli 36 – Rimini), la Diocesi organizza l’incontro “Storia, profezia, comunità. Monsignor Emilio Biancheri nel 70° anniversario del suo ingresso a Rimini” che si inserisce all’interno delle Giornate di valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico (13-21 maggio), sollecitate dalla Conferenza Episcopale Italiana, con l’intento di promuovere una più stretta collaborazione tra Museo-Archivio-Biblioteca (MAB) diocesani.
Il programma del convegno prevede i saluti istituzionali di monsignor Nicolò Anselmi vescovo di Rimini, don Vittorio Metalli parroco di Sant’Agostino, don Marco Casadei direttore Issr “Alberto Marvelli”.
A seguire, nella prima sessione intitolata “Biancheri, vescovo del Concilio Vaticano II”, intervengono il professor Piergiorgio Grassi su “Episcopato del vescovo Biancheri”; monsignor Aldo Amati su “Spiritualità e sacerdozio del vescovo Biancheri”; Cinzia Montevecchi su “Un patrimonio di comunità: la Biblioteca diocesana “Emilio Biancheri”.
La seconda sessione “Storie di inclusione” si apre con l’intervento di Sabrina Zanetti, presidente di Acli Arte e Spettaolo, su “Acli, Diocesi di Rimini e donazione Zavatta” e continua con l’assessore comunale Kristian Gianfreda che interviene di “Prospettive di inclusione: dalla “Papa Giovanni XXIII” alla città”.
L’evento dedicato a monsignor Emilio Biancheri prosegue sabato 20 maggio, ore 11, con la visita guidata, condotta dalla guida turistica abilitata Tiziana Bianchi, al museo “Tesoro della Cattedrale” (via IV Novembre) e all’esposizione di oggetti liturgici appartenuti al vescovo Biancheri.
«L’Archivio storico diocesano “Giuseppe Garampi”, la Biblioteca diocesana “Emilio Biancheri” e il Museo diocesano “Tesoro della Cattedrale”, con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli”, aderendo al MAB del 2023, intendono quest’anno ricordare il vescovo Emilio Biancheri nel settantesimo anniversario dell’arrivo nella nostra diocesi – dice Cinzia Montevecchi –. Siamo convinti infatti che le radici di quello che oggi definiamo inclusione e partecipazione, vadano cercate negli anni del suo episcopato».
«Erano tempi non facili quelli nei quali monsignor Biancheri fece il suo ingresso in diocesi: il boom economico stava provocando l’esodo agricolo dalle campagne verso lo sviluppo turistico lungo la costa e verso le industrie che si stavano ingrandendo e nascevano nuovi insediamenti sul litorale o nuove zone di edilizia popolare. Si trattava allora di dare spazio anche alla vita della Chiesa. Durante il suo episcopato, tra comprensibili difficoltà economiche, vennero costruite ben ventun parrocchie. Da più parti si stava ipotizzando di considerare la parrocchia come una sorta di “stazione di servizio” per la “distribuzione” dei sacramenti, ma la scelta del vescovo fu di ben altra natura. Egli volle che intorno alla chiesa ci fosse spazio sufficiente per costruire aule di catechismo, sale per attività culturali e ricreative, campi sportivi. Insomma quei beni che ancora oggi permettono alle nostre parrocchie di essere comunità territoriali inclusive».
«L’altra grande realizzazione fu quella del Seminario diocesano, anche questa in una prospettiva nuova. Lo volle come centro pastorale e culturale. Ancora oggi, la biblioteca del seminario, che fu da lui fatta ordinare secondo criteri scientifici e alla quale donò testi importanti, non è solo luogo dove conservare il materiale, ma vive per approfondire una conoscenza della nostra storia, che possa portare tutti a sentirsi parte di essa».
«Lo stile di povertà che caratterizzava Emilio Biancheri lo portò a essere particolarmente attento alle difficoltà vissute da chi gli stava intorno. Sono sue le lettere pastorali che denunciano lo sfruttamento dei lavoratori stagionali. Fu lui a istituire nel 1953 la giornata della Caritas riminese, a porre nel 1958 la prima pietra della Casa Madonna delle vette ad Alba di Canazei, che fu anche la prima pietra della futura associazione Papa Giovanni XXIII e a lui si deve se il palazzo donato nel 1959 alla Diocesi dalla famiglia Zavatta, perché divenisse un asilo per bimbi, venne invece utilizzato per attività formative e al lavoro, un centro di addestramento professionale, di sostegno all’inserimento lavorativo, per i giovani che escono dalle medie e per gli adulti che, per mille ragioni, sono senza lavoro. Caritas, Papa Giovanni XXIII, Centro Zavatta ingranditisi nel tempo continuano a lavorare perché tutti siano inclusi e nessuno si senta “invisibile”».
«Ma soprattutto si deve a monsignor Biancheri l’applicazione in Diocesi del Concilio Vaticano II.
Durante la seconda visita pastorale alle parrocchie nel 1966 insistette sulle tematiche e sulle direttive pastorali del Concilio, sottolineando con forza che la responsabilità pastorale della diocesi e della parrocchia non era solo del vescovo o del parroco, ma di tutti i fedeli che vogliono vivere con coerenza la loro vita cristiana. Fu lui tra i primi in Italia a dare vita a nuove strutture dove clero, religiosi e laici potessero sentirsi non più solo esecutori di ordini, ma individui responsabili della famiglia diocesana. Fu lui tra i primi in Italia a istituire il Consiglio pastorale diocesano, per favorire la partecipazione dei laici. Questo, nel fermento del ‘68 favorì il moltiplicarsi dei gruppi. Con una metafora il vescovo spiegava che la diocesi doveva essere come un mazzo di fiori: ciascuno col suo colore e col suo profumo. Anche di fronte al più preoccupante versante delle scelte partitiche dei cattolici, spesso opinabili e caratterizzate da un atteggiamento polemico, continuò a sostenere che i laici dovevano assumersi le loro responsabilità, senza coinvolgere l’autorità della Chiesa, del vescovo, dei sacerdoti».
«Ma anche con il “mondo” che sembrava respingere la voce della Chiesa era necessario costruire ponti. Non a caso “ilPonte” è il titolo del settimanale diocesano che monsignor Biancheri volle che fosse fondato. Da quasi cinquant’anni sulle sue pagine continuano a essere “raccontati” esempi di inclusione e partecipazione. Fu una triste sorpresa che la prima pagina del 1976 uscisse con la notizia delle dimissioni del vescovo!», conclude Cinzia Montevecchi.
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