LA NASCITA DELLE ACLI A RIMINI, i primi Circoli e La Voce del Lavoratore

Quando è nato a Rimini il primo circolo delle Acli? E “La Voce del Lavoratore”, il periodico delle Acli riminesi, quando ha iniziato le sue pubblicazioni?
Un viaggio all’indietro, negli anni subito dopo la seconda guerra mondiale, è compiuto dal giornalista Rai Giorgio Tonelli, nel suo saggio “La stampa cattolica riminese” che sarà inserito nel quarto volume della “Storia della Chiesa riminese”, in uscita a dicembre.

Il progetto editoriale “Storia della Chiesa riminese”, promosso dalla Diocesi di Rimini attraverso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” e la Biblioteca Diocesana “Emilio Biancheri” e pubblicato dall’editore Pazzini di Verucchio, prevede la realizzazione di quattro volumi, tre dei quali sono già in libreria.
Il primo volume approfondisce la storia della Chiesa riminese “Dalle origini all’Anno Mille”, il secondo “Dalla lotta per le investiture ai primi anni del Cinquecento”, il terzo “Dal Concilio di Trento al 1796”. In occasione del prossimo Natale uscirà il quarto volume, “Storia della Chiesa riminese. Dal 1797 ai nostri giorni”, a cura di Piergiorgio Grassi.
Tra i saggi presenti in quest’ultimo volume figura l’intervento di Tonelli (che ringraziamo per l’esclusiva), da cui abbiamo estrapolato il brano dedicato a “La Voce del Lavoratore”.

acli

Il primo circolo Acli sorge a Rimini già nel 1945, raccogliendo una trentina di soci e si impegna in particolare nel campo dell’assistenza. Rimini è in gran parte distrutta dalla guerra, il problema della disoccupazione è assillante. L’associazione realizza laboratori per la confezione di scarpe, oggetti di paglia, ricami, biancheria, riuscendo a dar lavoro a sessanta ragazze. La mensa di via Patara ospita duecentocinquanta operai ogni giorno, cui si aggiungono reduci e deportati di ritorno dalla Germania. Si sviluppano anche una sezione per le pratiche di rimborso dei danni di guerra, corsi di licenza elementare o commerciale per lavoratori, corsi di preparazione per operai delle ferrovie. C’è inoltre un doposcuola per elementari e medie, dove lavorano insegnanti volontari. Nello stesso tempo «le Acli si occupano della distribuzione di varie pubblicazioni mensili di carattere professionale e sindacale come la “Gazzetta Ferroviaria”, la “Vita dei Campi”, il “Notiziario Tessili e Chimici”, oltre alle riviste di informazioni sindacali e informazioni sociali».

Nel maggio 1948 don Domenico Calandrini subentra a don Pippo Semprini come assistente ecclesiastico delle Acli. «Le aumentate iscrizioni sono un segno della crescita di salute dell’organizzazione: all’inizio del 1949 i soci sono ormai saliti a millecento a Rimini e a duemila nella provincia dove esistono sessantaquattro Circoli». In quegli anni di contrapposizione politica, le Acli conducono una polemica su due fronti, contro il conservatorismo dei gruppi dirigenti economici e dei settori politici e contro le sinistre social-comuniste: «Contro le idee dei rivoluzionari noi cristiani abbiamo un rimedio infallibile: la lotta elettorale e le riforme».

Agli inizi degli anni Cinquanta gli aclisti sono già quattromila. Nel 1951 i Circoli a Rimini sono trentuno. Dal numero del 15 giugno 1951 il periodico cattolico L’Ausa diventa l’organo delle Acli. Segno del notevole peso e prestigio di cui gode l’associazione. «L’Ausa non sarà più l’espressione di alcuni amici volenterosi e anonimi, ma avrà una più vasta famiglia su cui contare». Non andrà proprio così, perché dopo un anno la testata viene abbandonata. Ed è solo nel 1956 che comincia a uscire La Voce del Lavoratore, il periodico delle Acli che, con alterne vicende, ancora oggi è l’espressione principale del pensiero e della vita dell’associazione, mantenendo il riferimento alle tre fedeltà, alla Chiesa, alla democrazia e al movimento operaio: «La fedeltà alla Chiesa è necessaria perché fuori di essa non c’è salvezza. Nostra preoccupazione fondamentale quindi è rimanerle uniti in ogni circostanza. Fedeltà attiva, però. Non è da cristiani seri abitare nella casa di Dio, al coperto, senza fastidi […]. Lavorare per la Chiesa significa al contrario impegnarsi perché anche altri entrino nella Casa del Padre dove c’è un posto, un pane, un cuore per tutti».

Con i fatti di Ungheria del 1956 e la crisi del frontismo, le Acli cominciano a lanciare segnali in vista di un allargamento delle alleanze verso i socialisti sia a livello nazionale che locale. Nell’articolo “I socialisti hanno bisogno di voti” si arriva alla conclusione che: «Il non fare differenziazioni fra socialisti e comunisti, il confondere gli uni con gli altri, non aiuta i primi a togliersi dal residuo gioco dei comunisti, riprodurrebbe le condizioni per un nuovo frontismo e per una radicalizzazione della lotta politica». Come espressione della sinistra cattolica, le Acli cominciano a spingere per una collaborazione politica fra cattolici e socialisti e L’Arengo, che è la voce ufficiale della Dc riminese, li definisce «comunistelli di sacrestia».

Nel 1958 l’Enaip Centro Zavatta organizza i primi corsi professionali, ma è con gli anni Sessanta che le Acli riminesi riescono a esprimere anche un consigliere nazionale, Walter Bollini (consigliere dal 1966 al 1970). Nel 1968 raggiungono i quattromila iscritti. La crisi arriva pochi anni dopo con la “scelta socialista”. Il Congresso nazionale di Cagliari del 13-16 aprile 1972 ha come slogan: “Le Acli movimento operaio di ispirazione cristiana per un’alternativa al capitalismo in nome dell’uomo”. Inizia lo sbandamento e molti quadri aclisti aderiscono all’Mpl (Movimento politico lavoratori), fondato da Livio Labor, già presidente nazionale delle Acli. Il disastroso esito elettorale porta all’unificazione fra sinistra Mpl e Psiup (Partito socialista italiano di unità proletaria). Nel frattempo anche nel riminese nascono alcuni circoli dell’Mcl (Movimento cristiano lavoratori), mentre le Acli ricominciano a ricostruire i rapporti con la gerarchia ecclesiale. La Voce del Lavoratore riflette le vicende interne ed esterne all’associazione: difende la lettera pastorale di monsignor Biancheri sul mondo del lavoro; interviene puntualmente nel dibattito cittadino e nazionale, esprimendo la propria contrarietà al tentativo di concedere la spiaggia ai privati; sostiene l’accordo per i lavoratori metalmeccanici; protesta energicamente per il colpo di stato in Cile e, in seguito alla crisi energetica causata dalla chiusura dei rubinetti petroliferi arabi, auspica una diversa politica per l’energia e per i trasporti. Nella sua relazione, il presidente del Circolo Rimini centro, Luigi Mazza afferma: «Noi siamo la storia di domani. Domani si dirà di noi: dormivano, oppure furono svegli e modificarono le strutture della società. Se stiamo in pantofole, se la televisione, lo sport, le canzonette riempiranno le nostre giornate e le nostre serate, diranno di noi che dormivamo cullati dalla mano interessata del padrone. E questo non è cristiano».

Negli anni Ottanta – come emerge anche dalle pagine de La Voce del Lavoratore – le Acli riminesi smorzano la forte caratterizzazione in senso politico e sociale degli anni Sessanta, dedicandosi in maniera privilegiata al campo della formazione professionale e dell’animazione culturale, specie fra i giovani, grazie anche al notevole impegno profuso nel riminese dal presidente dell’Enars-Acli Paolo Scarponi. Così come di un certo interesse è l’attenzione al volontariato e ai temi ambientali.

Giorgio Tonelli