L’Emilia-Romagna non è mai stata né è tuttora la regione del nostro paese con i maggiori flussi emigratori, ma il fenomeno è stato comunque rilevante in certe zone del territorio regionale, e soprattutto in gran parte dell’Appennino.
La consistenza dell’emigrazione potrebbe stupire se ci si limita a considerare che oggi la nostra terra è complessivamente una delle più ricche in ambito nazionale, ma la situazione era ben diversa fra la fine dell’800 e l’inizio del 900, quando i nostri antenati erano fra i più poveri del paese. Tracce di questo passato di miseria si possono trovare anche in un bel romanzo di Nerino Rossi (“La neve nel bicchiere”), da cui il regista Florestano Vancini ha tratto un film che nella sua prima parte racconta le realtà delle campagne da cui molti fuggivano per cercare ragioni di speranza nelle Americhe.
Fin dall’immediato secondo dopoguerra, le ACLI hanno accompagnato decine di migliaia di connazionali nei loro percorsi migratori, e oltre che in Brasile, Argentina e Uruguay, soprattutto in Svizzera, Francia, Belgio, Germania e Regno Unito. Anche le ACLI dell’Emilia-Romagna sono state animate da questo spirito di attiva solidarietà verso gli emigrati e le loro famiglie, e non è certamente un caso il fatto che la sensibilità e l’impegno aclista siano stati e siano fortemente apprezzati da tutte le componenti associative e istituzionali della Consulta regionale emigrazione e da numerose associazioni emiliano-romagnole che si sono formate nel mondo a partire dal 1974, quando tale Consulta è stata istituita – fra le prime in Italia – con legge regionale.
Negli ultimi otto anni l’impegno delle ACLI regionali sui temi dell’emigrazione è stato pienamente coerente con l’ispirazione della legge 24 aprile 2006 n. 3 approvata dalla Regione Emilia-Romagna, che riconosce negli emigrati, nei loro discendenti e nelle loro comunità “una componente essenziale della società regionale e una risorsa da attivare al fine di rafforzare i legami con i Paesi che li ospitano”. Questa legge prevede la possibilità di promuovere “azioni in favore degli emiliano-romagnoli all’estero”, e per la propria vocazione formativa e le risorse umane che era possibile mettere in campo, le ACLI regionali hanno privilegiato in questi anni “iniziative e manifestazioni promozionali tese a diffondere la conoscenza della lingua italiana, nonché la conoscenza della storia e della cultura regionale” (in applicazione dell’art. 3, comma c, della legge citata).
Da questa scelta di fondo è nata la progettazione di corsi di lingua e cultura italiana laddove è emersa una domanda significativa di questo tipo di servizio. Chi scrive ha progettato e gestito nelle primavere del 2008 e del 2009 due di questi corsi in Brasile (a Salto e Itu nello Stato di San Paolo) e un corso in Uruguay, a Montevideo, nella primavera del 2010. Sono stati scelti luoghi con una forte presenza di oriundi italiani fino alla quarta generazione, e fra gli allievi vi erano anche persone di varia età che hanno conseguito la cittadinanza italiana in base alla certificazione della provenienza dei loro nonni.
I progetti sono stati ritenuti fra i più validi da parte di un’apposita commissione giudicatrice, potendo così usufruire di un contributo della Regione che completava quello di associazioni ed enti locali. Ai corsi, realizzati con comprovata sobrietà di spesa, è stata riconosciuta dagli utenti un’elevata qualità educativa e culturale, anche perché hanno rafforzato le motivazioni degli allievi a continuare il percorso formativo con sollecitazioni, indicazioni, materiale che è stato lasciato ai corsisti e alle associazioni di emigrati con cui la collaborazione è stata molto stretta in ogni fase.
Durante lo svolgimento dei corsi è maturata sia nel docente sia negli allievi l’idea di un ulteriore sviluppo di lavoro comune, che si è tradotta nell’elaborazione di progetti di raccolta e di stesura di storie e di testimonianze personali e familiari per riscoprire e far riscoprire le proprie radici. Questi progetti, proposti dalle associazioni emiliano-romagnole all’estero cui ho già fatto riferimento e dalle ACLI regionali assieme a quelle di Forlì-Cesena, hanno avuto altri sostegni compreso quello della Regione, e sono sfociati in due libri: figlio dell’incontro con gli emigrati brasiliani è stato nel 2010 “Dall’Italia noi siamo partiti” (titolo ispirato dal famoso canto “Mèrica Mèrica”), mentre l’esperienza nella capitale dell’Uruguay ha generato “Monte Vedo Io: l’alba di una speranza”, pubblicato a Montevideo pochi mesi fa.
Scopo di queste opere è sia di ravvivare la memoria storica di un fenomeno purtroppo trascurato nella coscienza collettiva e quasi ignorato perfino in ambito scolastico, sia di potenziare le relazioni umane, culturali ed economiche fra l’Italia (e in particolare l’Emilia-Romagna) e i Paesi in cui sono emigrati tanti corregionali e connazionali. Naturalmente le pubblicazioni sono strumento di un’operazione culturale di ampio respiro tesa ad accrescere la consapevolezza civile delle comunità interessate, al di qua e al di là dell’Oceano. Il primo libro, pubblicato anche in una versione portoghese, è stato presentato sia in alcune città e scuole brasiliane, sia in Comuni, scuole e circoli dell’Emilia-Romagna. Il secondo libro, tradotto anche in lingua spagnola, dopo alcune presentazioni a Montevideo, è stato presentato alla fine di giugno a Bologna in occasione dell’ultima seduta della Consulta emigrazione e successivamente in un circolo forlivese delle Acli.
Le ACLI regionali hanno anche sostenuto un progetto di ricerca dell’associazione emiliano-romagnola di Mar del Plata, in Argentina, da cui è giunto un primo frutto: un video ben curato con interviste interessanti e dense di umanità a emigrati e loro discendenti. Siamo in attesa di un secondo video.
Le esperienze finora vissute dimostrano che la presentazione di elaborati nati dal vivo di esperienze d’incontro e di libri su questi argomenti (fra cui anche “Partir bisogna”, che raccoglie storie di emigrati italiani e di nuovi cittadini immigrati stranieri assieme a brevi saggi che approfondiscono alcune problematiche delle migrazioni e dell’integrazione socio-culturale) suscitano generalmente interesse anche nei giovani incontrati soprattutto nelle scuole, offrendo stimoli a una maggiore presa di coscienza e informazioni poco conosciute nonostante che nella sua storia nazionale l’Italia abbia avuto circa ventotto milioni di emigrati. Conoscendo meglio la storia e le motivazioni di chi è partito per “Fare l’America” si potrà inoltre capire (e accogliere in modo più dignitoso di quello attuale) chi spinto ancora più tragicamente dalla fame, dalle persecuzioni e dalle guerre è fuggito dal Medio Oriente e dall’Africa nel tentativo di “Fare l’Italia e l’Europa”.
Pierantonio Zavatti
presidente del circolo ACLI “Oscar Romero” di Forlì e consigliere regionale delle ACLI, che rappresenta nella Consulta emiliano-romagnoli nel mondo