Carissime,
quest’anno come Coordinamento Donne ACLI Rimini, non abbiamo realizzato nessun incontro, nessun evento in occasione dell’8 marzo. Un po’ per la nostra penuria monetaria che ci contraddistingue, un po’ anche in considerazione del “pessimo” periodo economico dove una famiglia su quattro (scrive la Caritas) è in povertà. Ma questo non vuole dire che non sentiamo la Ricorrenza dell’8 marzo che non stiamo qui a raccontare: ormai la storia la conosciamo tutte o quasi.
Le donne! Ancora combattiamo (un termine che non ci piace ma purtroppo è ancora così) per avere il nostro riconoscimento nel mondo. Pensare che nel corso del 1800 alcune donne sono riuscite a frequentare facoltà scientifiche e anche ad inserirsi nelle stesse comunità. Donne che hanno superato le diffidenze, le ostilità in ambienti elitari prettamente maschili. Ne ricordiamo solo alcune:
– Marie Sophie Germain (1776-1831) matematica
– Marie Marie Sklodowska Curie (1867-1934) fisica e chimica: unica donna che riuscì attraverso i suoi studi a conquistare un doppio Premio Nobel
– Henrietta Swan Leavitt (1868-1921): astronoma e astrofisica
– Melanie Klein (1882-1960: psicanalista
e non dimentichiamo che in ambito medico-pedagogico è fondamentale ricordare la figura di Maria Montessori (1870-1952), la prima donna dell’Italia unita a laurearsi in medicina a Roma (1896) e ad esercitare la professione di medico (1). Questi sono solo alcuni dei nomi di donne.
Purtroppo l’organizzazione WomanStats (2) rileva che ancora in tutto il mondo esiste ancora “una guerra contro la donna”. In Africa, Asia Centrale e sud est asiatico alcune norme legislative restringono l’accesso alle bambini all’istruzione; 70 milioni di bambine e donne hanno subito MGF/ablazione in Africa e Yemen; nella maggior parte del pianeta non esiste o vi sono livelli molto bassi di sicurezza fisica per le donne. Neppure in Europa dove gli indici di uguaglianza di genere si presentano molto alti; per molti paesi sono già conosciute le preferenze sociali per i figli maschi: la preferenza per il figlio maschio è un fattore che si ripete in ogni continente e parlando dell’Europa, ora soprattutto in Spagna. Nonostante gli estesi sforzi per contrastare questa piaga il numero delle donne colpite dalla tratta ha continuato ad aumentare. Ancora esiste un alto tasso di mortalità materna. Esiste ancora la pratica delle “spose bambine”. Per non parlare della “escalation” della violenza sulle donne! E siamo nel 2015!!!
Ha detto Papa Francesco: “Le tante forme di schiavitù, di mercificazione, di mutilazione del corpo delle donne, ci impegnano dunque a lavorare per sconfiggere questa forma di degrado che lo riduce a puro oggetto da svendere sui vari mercati. Desidero richiamare l’attenzione, in questo contesto, sulla dolorosa situazione di tante donne povere, costrette a vivere in condizioni di pericolo, di sfruttamento, relegate ai margini delle società e rese vittime di una cultura dello scarto” (3).
Purtroppo ai giorni nostri l’8 marzo è diventata una festa. Nel corso degli anni si è perduto il vero significato di questa ricorrenza, e, mentre la maggioranza delle donne occidentali, approfitta di questa giornata per uscire da sola con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all’insegna della “trasgressione”, i commercianti e non solo ne approfittano per sfruttarne le potenzialità economiche. Invece, a parte che dovrebbe essere di tutti i giorni il “ricordo delle donne” del passato, pensiamo sia necessario e doveroso che questa Festa diventi una “ricorrenza”. Un pensiero, una preghiera di cui abbiamo perso il ricordo, facendo in modo che le nostre preghiere non siano solo un semplice sciorinare parole, ma molto di più profondo. Leggiamo:
«Secondo i vangeli, l’attività terapeutica è centrale nel ministero di Gesù. I vangeli sottolineano che Gesù cura i malati (il verbo greco therapèuein, “curare”, ricorre 36 volte, mentre il verbo iàsthai, “guarire”, si trova 19 volte), e curare significa anzitutto “servire” e “onorare” una persona, averne sollecitudine. Gesù vede nel malato una persona, ne fa emergere l’unicità e si relaziona a lui con la totalità del suo essere, cogliendone la ricerca di senso, vedendolo come una creatura capace di preghiera e segnata da fragilità, mossa da speranza e disposta all’apertura di fede, desiderosa non solo di guarigione, ma di ciò che può dare pienezza all’intera sua vita. Il Gesù terapeuta manifesta che ciò che conta è la persona malata, non la sua malattia» (4).
Noi donne non siamo malate, ma se curare vuole dire proprio prendersi cura, onorare, rispettare la persone, allora siamo “malate” e abbiamo bisogno di ri-tornare e re-imparare a pregare. A pregare come Gesù ha insegnato, a pregare affinché le donne nel mondo non debbano più lottare per i diritti che devono essere riconosciuti naturalmente! Di parole se ne sono dette tante, le battaglie sono in atto ogni giorno, ma non dovrebbero esistere: ogni giorno dovrebbe essere l’8 marzo. Facciamo che lo sia globalmente. Parola roboante e lontana sembrerebbe, ma non è così. Il globo è formato da continenti, i continenti dalle nazioni, le nazioni dagli stati, gli stati dalle regioni, le regioni dalle città, le città dai quartieri, i quartieri dalle vie e nelle vie ci sono le nostre case. E nelle nostre case ricordiamole tutte, anche coloro che non sono diventate famose, anche colei che ogni giorno ha conquistato la sua vita e facciamo in modo che l’8 marzo non sia solo, come scritto prima, una uscita serale o uno streep maschile o una serata “devastante”: che sia invece una giornata dedicata al ricordo e alla preghiera per tutte le donne!
“Se non ricordiamo non possiamo comprendere.” (E.M. Forster)
Annamaria Semprini
Note
1. Vedi www.enciclopediadelledonne.it.
2. Progetto che comprende il più grande database sullo stato delle donne a livello di ogni Stato-nazione.
3. Tratto dal discorso di Papa Francesco ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura (sabato 7 febbraio 2015).
4. Vedi www.retisicomoro.it: “Il Cristo medico. La cura di Dio”.