Maria e Alfredo si conoscono in Ferrara per l’assidua frequenza alla chiesa di S. Spirito. Il 23 gennaio 1916, testimone il conte Giovanni Grosoli, salgono l’altare per consacrare il loro amore al Signore. Alfredo ha 34 anni, Maria 24. È un matrimonio semplice, senza sfarzo: è tempo di guerra; la sposa, rinunciando al tradizionale abito bianco, indossa un semplice abito da viaggio.
Alfredo viene nominato direttore della Banca Popolare del Polesine in Rovigo; va ad abitare in un appartamento sopra la Banca con la sua sposa. Il 25 novembre 1916 nasce il primogenito Adolfo.
La guerra intanto incalza: le truppe austriache e tedesche, il 24 ottobre 1917, sferrano una massiccia offensiva sul fronte italiano. L’esercito italiano in rotta si ritira sulla linea del Piave. Rovigo non è più città sicura per l’avvicinarsi del fronte e per il pericolo dei bombardamenti. Alfredo invia la moglie Maria e il figlioletto Adolfo a Ferrara, presso la famiglia Mayr.
Il 21 marzo 1918 viene alla luce a Ferrara il secondogenito Alberto.
Quando cessa il pericolo della guerra la famiglia Marvelli si riunisce a Rovigo. Qui nascono Carlo, il 2 settembre 1919, e Raffaello, il 27 giugno 1922.
Dopo vari spostamenti a causa del lavoro di Alfredo, nascono a Rimini Giorgio, il 5 dicembre 1928 e Geltrude (Gede), il 2 agosto 1932.
Un collega di lavoro definisce il signor Alfredo “un cristiano a tutta prova”, per la mite coerenza con cui sapeva affrontare tutte le situazioni. I figli attestano che durante la persecuzione fascista “non lo avevano mai sentito imprecare contro quelli che gli avevano fatto del male e che avevano adoperato ogni mezzo per togliergli il lavoro, e l’avevano messo fuori, benché avesse tanti figli”. Oltre al lavoro e alla cura della numerosa famiglia trovava il tempo per altri impegni ecclesiali. Fu, tra l’altro, dirigente degli Uomini Cattolici e presidente della Conferenza di S. Vincenzo della sua parrocchia.
Alberto ricorda il babbo, a otto anni dalla morte, scrivendo nel suo Diario: “Mai dimenticherò la sua vita esemplare, trascorsa serenamente e santamente anche nei momenti dolorosi di maggiori preoccupazioni. Fu cristiano nel senso completo della parola, senza mezze misure, senza rispetti umani, senza ostentazione. Sincero, sorridente, sempre in grazia, sereno, ecco la sua vita. Ha seguito sempre la voce saggia della coscienza e non ha esitato a rinunciare a onori e ricchezze quando il conseguirli poteva appannare solamente la limpida trasparenza dell’anima”.
Anche Maria era esemplare nella carità; ricca di doti non comuni di educatrice, saggia, intelligente, stimatissima per le sue virtù. Si dedicava all’apostolato in parrocchia e in diocesi. Insegnava catechismo all’oratorio salesiano; frequentava il gruppo delle Donne di Azione Cattolica; lavorava con le Dame di Carità; collaborava all’associazione per la Protezione della Giovane. Il prof. Giorgio Torri, che la ebbe come catechista, afferma: “Era capace di studiare la psicologia di noi ragazzi e di saperci guidare con consigli saggi e illuminati. Ci seguiva sempre e tutti nei giochi e nelle preghiere. Era un po’ la mamma di tutti”.
Il 12 settembre 1939, giorno dedicato al nome di Maria Santissima, Alberto scrive sul Diario un elogio della mamma, dimostrando un affetto pieno di ammirazione: “Ella è il nostro angelo consolatore, è la nostra consigliera più preziosa, è la mamma affettuosa e santa che vive solo per i figli, solo alla loro felicità pensa. Con quale bontà ci rimprovera i ritardi e le mancanze, con quanta affettuosa severità sorveglia la nostra vita spirituale e materiale. Sull’esempio di Cristo ella è tutto a tutti; e con i familiari e con gli estranei e con i poveri. Non uno che ha bussato alla nostra porta è stato rimandato a mani vuote. Anche quando non può e cerca di fare economia, per i poveri trova sempre qualcosa. Sempre serena e col sorriso pronto conforta e consola chi a lei ricorre. Ama la verità, la giustizia, la lealtà; non può soffrire perciò l’ipocrisia, l’ingiustizia, le bugie e per questo è a volte sdegnata. Ella dà senza volere ringraziamenti e gratitudine, perché li aspetta da Dio. La sua forza nelle prove dolorose che la colpirono, la sua risolutezza nel risolvere le situazioni, la sua serenità continua, la giusta severità e carità nel correggere, il carattere franco, leale e semplice le attirano la simpatia, l’affetto e l’ammirazione di quanti l’avvicinano”.
Casa Marvelli era un centro di carità. Molti bussavano alla sua porta e nessuno tornava a mani vuote. Alfredo e Maria spendevano in opere di carità molta parte delle loro entrate. Per questa loro esemplarità oltre che per l’attenzione sollecita alla vita della famiglia, si rivelano educatori capaci di incidere profondamente sulle coscienze dei figli. Alberto e i fratelli vivono e vengono educati in questo clima sereno e cristiano, arricchito dall’amore scambievole, dalla preghiera, dalla carità.
(dal sito http://chiesa.rimini.it/albertomarvelli)