MARVELLI, ASSESSORE per ricostruire

Al momento della liberazione Rimini è allo sbando: senza guida e senza autorità pubbliche operanti. In questa situazione la “resistenza riminese” dà un forte contributo, sostituendosi validamente alle autorità pubbliche non ancora costituite. Il 23 settembre 1944 si insedia in Rimini la Giunta del Comitato di Liberazione Nazionale, che riunisce anche i poteri del Consiglio Comunale. È voluta dal Comando militare alleato, che elegge pro-sindaco il partigiano Arnaldo Zangheri, in attesa del ritorno del socialista Arturo Clari, ultimo sindaco democraticamente eletto prima della dittatura fascista. Il 4 ottobre il dottor Clari prende possesso della sua carica e conferma la giunta municipale, formata da “elementi dei vari partiti antifascisti d’avanguardia”, che nel frattempo vanno lentamente ricostruendosi, con sedi proprie, iscritti, organizzazioni, per preparare attivisti e dirigenti.

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Fra gli assessori della Giunta c’è Alberto Marvelli; non è ancora iscritto ad alcun partito; non è stato partigiano; ma tutti hanno riconosciuto e apprezzato l’enorme lavoro di assistenza agli sfollati nel circondario di Rimini e nella Repubblica di S. Marino. È giovane, ha solo 26 anni; ma la concretezza nell’affrontare i problemi, il coraggio nelle situazioni più difficili, la disponibilità senza limiti lo hanno reso popolare e meritevole di assumere un compito così impegnativo.

Non vi sono solo case da ricostruire, servizi da ripristinare, vettovaglie da provvedere, ma c’è una città che deve ritornare a vivere “democraticamente”; che è ancora percorsa da “sentimenti di violenza, di intolleranza o moti inconsulti”. Perciò il nuovo sindaco invita tutti a lavorare “per una progressiva e lenta opera di ricostruzione con costanza e tenacia, in una atmosfera di pace, di tranquillità e di solidarietà umana”.

Per rispondere ai bisogni più urgenti della città, la Giunta comunale costituisce una Commissione edilizia comunale, alla cui presidenza viene posto l’assessore ing. Alberto Marvelli.
Poi viene affidata all’ing. Marvelli anche la Commissione comunale alloggi. Lo scopo di tale commissione è di “disciplinare la assegnazione degli alloggi in città e frazioni, comporre vertenze fra proprietari e affittuari, requisire appartamenti, eseguire accertamenti di alloggi disponibili”.

Su un piccolo block notes Alberto aveva scritto a matita: “Servire è migliore del farsi servire. Gesù serve”. Con tale spirito di servizio affronta gli impegni che gli vengono affidati.
L’ing. Marvelli lavora con rapidità e decisione; con chiarezza e trasparenza nella gestione delle enormi somme di denaro che deve assegnare ai sinistrati, con senso di giustizia ed equità.

Quello degli alloggi da liberare, dei fabbricati da riparare, degli sfollati da sistemare fu certamente il problema più grave che la Rimini del dopo guerra dovette affrontare.
Alberto Marvelli fu l’anima di questo immenso e difficile lavoro. La sua competenza, ma soprattutto la concretezza e la rapidità, lo portavano a cogliere immediatamente le situazioni, a trovare la soluzione e a metterla in atto. Ebbe validi collaboratori, ma era sempre lui in prima persona a ideare, a proporre, a dirigere.

Per la sua serietà professionale ed il suo generoso impegno è ammirato e stimato da tutti.
Nel giro di pochi mesi viene nominato ingegnere responsabile del sezione locale del Genio civile, commissario per la sistemazione del fiume Marecchia, presidente della locale sezione della Società Montecatini, questo perché “dopo il turbine della guerra egli fu il solo ad apparire, dinanzi agli occhi di tutti, come il più vero portatore di una reale fiaccola di bontà e di amore che invitava a reprimere gli odi”. (Sono parole del dottor Flavio Beltrami, allora segretario comunale). Alberto era sempre pieno di fervore e dinamismo; era solito non fermarsi mai; aveva per ogni cosa una sua idea da esporre o un suggerimento da dare; non arretrava dinanzi alle difficoltà; sapeva pure delicatamente imporsi nei suoi contatti diretti con gli organi responsabili e con ogni autorità.

“Essere i realizzatori della carità di Cristo nel mondo. Siamo tutti fratelli, figli di uno stesso Padre. La carità si propaga con la vita, con la bontà. Bisogna possedere sempre la carità per irradiarla verso gli altri. Come sto io in fatto di carità? La carità ha il suo centro e la sua vita in Cristo. La carità è sempre in un cuore in proporzione dell’umiltà. La carità diventa istintivamente zelo, comprensione dei bisogni altrui, necessità di dare agli altri, di dare i doni che Gesù ha dato a noi. Sofferenza dei dolori altrui. Lo zelo non fondato sulla carità è sterile e non può esistere. Il bene spirituale dei fratelli è superiore al mio interesse e bene materiale”.

Racconta Piera Ceccarelli: “Una mattina, da Vergiano dove eravamo sfollati, sono venuta a Rimini all’Ufficio alloggi. Appena arrivata mi sono trovata fra tanti che questionavano per essere ricevuti. Passato il mezzogiorno un usciere dice: ‘Si chiude, tornate domani’. Mi sentivo disperata, avevo fatto tutta la strada a piedi, mi misi a piangere. Ma Marvelli dall’Ufficio disse: ‘Perché chiudete? Non va via nessuno. Ricevo tutti’. Poi uscì dall’ufficio, mi vide, mi venne incontro, mi disse: ‘Perché piangi?’ e mi fece una carezza. Fra le lacrime gli esposi il mio caso. ‘Ma non siamo qui per aiutarti? Perché ti disperi? Vedrai che tutto si aggiusterà: va a Vergiano tranquilla; torna fra una settimana’”.