1 maggio: l’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale e del lavoro coglie l’occasione del Primo Maggio, festa civile del lavoro e memoria liturgica di san Giuseppe Artigiano, per esprimere vicinanza a tutti i lavoratori, gli imprenditori ed artigiani, colpiti dall’attuale crisi economica di carattere mondiale, ma che ha coinvolto in modo profondo anche diversi settori lavorativi del nostro territorio, causando perdite dei posti di lavoro, chiusura di varie realtà industriali, artigianali e del commercio.
Il momento di crisi è propriamente un momento in cui si è chiamati a scegliere e a cambiare. Da questo punto di vista, la crisi, è un’opportunità e una sfida alla quale ciascun individuo è chiamato a partecipare come testimone di speranza nel cambiamento.
Siamo consapevoli che il messaggio fatto di parole deve essere accompagnato da quello dei gesti concreti di condivisione e di solidarietà. In questo momento però riteniamo doveroso levare la voce e ammonire che dare “la giusta mercede agli operai” – secondo la formula del catechismo – comprende anche onorare i debiti e quindi pagare puntualmente quanto si è acquistato (in beni o servizi) a cominciare dallo stato. Nessuno ritardi i pagamenti, nessun istituto di credito neghi il denaro alle aziende per investirlo invece in operazioni finanziarie di carattere speculativo. Nessuno Stato, nessun gruppo economico pensi di lucrare sui fallimenti, perché prima o poi anch’essi ne subiranno un danno gravissimo.
Facciamo notare poi che l’occupazione è connessa non solo all’andamento dell’economia ma anche agli stili di vita e alla visione dell’uomo, inserito nel contesto familiare. Ci rivolgiamo quindi ai genitori, oltre che agli imprenditori e agli operatori economici: prepariamo meglio i ragazzi e i giovani alla vita; comincino presto a fare esperienze di lavoro, svolgendo anche mansioni umili.
Nel nostro contesto riminese l’attività del turismo aiuta molti adolescenti, durante il periodo estivo, ad un primo inserimento nel mondo lavorativo. L’attuale legislazione in vigore, che prevede l’inserimento lavorativo di adolescenti che abbiamo compiuto 16 anni, pur avendo alcuni aspetti positivi, purtroppo, chiude la possibilità di una prima concreta esperienza di lavoro ad altri adolescenti.
Alle Autorità chiediamo di vigilare perché, i lavoratori, non vengano sfruttati, nello stesso tempo adoperiamoci tutti perché sviluppino anche le abilità manuali e sappiano rendersi utili sia imparando sia prestando la loro opera, secondo il bisogno e non solo secondo le ambizioni. Si dichiari apertamente che anche alle mansioni meno ambite, ma necessarie, vanno riconosciute dignità e remunerazione equa: cambiare mentalità e costume non è né troppo gravoso né tanto meno impossibile.
Quanto ai disoccupati, si dia impulso all’abbinamento della cassa integrazione con i corsi di riqualificazione e con i lavori socialmente utili. Non si indulga al malcostume di lavorare o far lavorare in nero; nello stesso tempo però si responsabilizzino i lavoratori con forme di autonomia professionale e di partecipazione agli utili. La condivisione del lavoro attraverso i contratti di solidarietà o altre forme simili aiuterà ad attraversare la fase più delicata della crisi occupazionale.
Abbiamo fiducia che il lavoro fatto bene sarà riconosciuto e contribuirà a migliorare le relazioni sociali, perché su di esso si estende la benedizione originaria del Creatore: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”(Gn 1,28). Con questo messaggio e, con un particolare pensiero rivolto ai lavoratori, agli imprenditori ed artigiani impegnati nella salvaguardia del lavoro, li affidiamo a san Giuseppe Artigiano, che introdusse il Figlio di Dio nel mondo del lavoro.
L’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale