Siria: credere nella pace

Da sinistra: il giornalista Andrea Avveduto, padre Firas Lutfi, il moderatore dell'incontro don Gioacchino

Da sinistra: il giornalista Andrea Avveduto, padre Firas Lutfi, il moderatore dell’incontro don Gioacchino

Foto Siria 2

Padre Firas Lutfi

Padre Firas Lutfi

Venerdì 8 novembre 2013 si è svolto l’incontro promosso dalla Commissione Ecumenica, dalla Consulta delle Associazioni Laicali (che vedono impegnate anche le Acli) e dal Progetto Culturale della Diocesi di Rimini. il tema di drammatica attualità, ha richiamato un pubblico tra cui molti giovani, segno di interesse e volontà di conoscere.

Siamo nel Museo della Città di Rimini, Sala del Giudizio, che accoglie due relatori importanti: padre Firas Lutfi, un frate minore francescano originario della Siria e il giornalista Andrea Avveduto, collaboratore di “Avvenire”.
Così esordisce padre Firas, che appartiene alla Custodia di Terrasanta: «Il nostro patrimonio umanistico, spirituale e storico va difeso. Vogliamo riprendere il cammino oltre i fatti tragici che continuano ad accadere». Parla col cuore, si sente il legame con la propria terra ma con un senso di pace internazionale.

Poi la testimonianza di Avveduto, cronista in luoghi di guerra. «Le notizie che arrivano sono contraddittorie, prima confermate e subito dopo smentite, o viceversa. Notizie volte a terrorizzare i cristiani, spesso non vere. E c’è discordia anche nelle due correnti dell’Islam, Sunniti e Sciiti. I primi vorrebbero relegare la minoranza all’Iran, essendo in posizione maggioritaria. In settembre sembrava imminente un intervento militare degli Stati Uniti per rimuovere Assad, leader del Paese. Ma gli americani hanno manifestato contro, i soldati stessi non volevano combattere “al fianco di Al Quaeda”… una protesta forte, evidente. Poi l’utilizzo di armi chimiche, denunciato da Kofi Annan… prima dell’ispezione Onu qualcuno è intervenuto a nascondere qualcosa. Il pericolo di un attacco per ora è scongiurato, ma resta il dramma dei cristiani, vittime di orrori, colpevoli di essere gli eredi dei conniventi col vecchio regime. Vengono rapiti per un riscatto economico che serve a finanziare la guerriglia, o “invitati” a convertirsi all’Islam per non essere espulsi.
I francescani in Siria aiutano tutti, senza differenze religiose o politiche… è un impegno iniziato con la storica visita di San Francesco al sultano.
Bisogna pregare per la pace, ma occorre gente che sostenga la vita. In Siria mi hanno insegnato che la sofferenza porta all’amore per la vita, e li ringrazio».

Il giornalista ci parla in modo informale, da testimone. E invita padre Firas a raccontarci la sua esperienza. Il francescano si definisce “cittadino del mondo” grazie alla sua vocazione. Gli chiedono sempre se sia un musulmano convertito e lui risponde «No, nasco in una famiglia cristiana siriana e sono cristiano di padre, perché mia madre è ortodossa, ma ho voluto conoscere le due parti prima di scegliere. Siamo fratelli e voi lo testimoniate» (si riferisce alla Commissione Ecumenica).
Quando inizia a parlare della realtà in Siria è uno choc.

«Non c’è una sola famiglia che non abbia subito una violenza, che non abbia un ferito, un martire… Tutti sono fiduciosi in un intervento a livello internazionale che aiuti i cristiani, ma neanche le Nazioni Unite prendono posizione. Il popolo cristiano non vuole essere tollerato, vuole sentirsi uguale agli altri e riconoscersi nei diritti. Prima della guerra interna era l’8-9% della popolazione, ora non so.
I musulmani sono miei concittadini, quelli che conosco sono la dimostrazione che chi crede in un Dio non uccide, e non si uccide nel suo nome. Chi lo fa ha un cervello che non funziona, non pensa e non ha un cuore, è un malato. Spesso è manovrato da persone “potenti” che lo usano per i loro scopi».
Padre Firas parla con dolore, e crede veramente in quello che dice, parla di fratelli musulmani che vogliono vivere in pace, e sono molti. E aggiunge: «Purtroppo qualcuno pensa che alimentando l’integralismo si favorisca la lotta interna, facile al gioco politico…».

Prima dell’incontro pubblico ho parlato con lui, e ci siamo detti «Possiamo credere nella pace, sperare nella pace? Dobbiamo!».

Prosegue la sua testimonianza, cruda e reale. «Padre François è stato ucciso senza un motivo, con violenza. Voleva rifondare il monachesimo siriano… Perché lui come Gesù?
Io non piango per la storia “bruciata”, piango per le madri che non vedono un futuro per i loro figli, piango per i bambini uccisi in una terra dove si parla in aramaico, la lingua di Gesù. Papa Francesco è stato straordinario, ha convinto tutti a pregare contro la guerra in Siria… e secondo me c’è riuscito! Non sono un politico, voglio sensibilizzare la gente sul dramma del mio Paese, una situazione così tragica che nessun cervello può accettare».

Gli chiedo perché non si parli di questa tragedia. Forse non fa notizia o c’è dell’altro? «Il problema è che l’America e l’Europa sono in forte crisi economica, e sono collegate. Il commercio delle armi, demolire e ricostruire rappresentano un interesse economico che tiene in mano anche l’informazione, i media. Tanti Stati hanno le mani sporche di sangue siriano (Turchia, Giordania, Israele). La Russia è un’alleata storica, ma non interverrà».
Non ho nient’altro da dire, ma esco dall’incontro con le lacrime.

Roberto Sardo

www.aclirimini.it
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