«Il disegno è compagno di viaggio fin dall’infanzia. È un legame che esige e dona, prende e dà. Da un lato il disegno per me è ancora un gioco da bambini, la possibilità di sognare e costruirsi il mondo come più ci piace. Il mio è fatto di perdenti, contadini e partigiani senza nome, di casolari, querce, campi lavorati, bambini e colline. E animali di ogni sorta – dice Simone Massi –. Dall’altro lato il disegno negli anni ha perso in spontaneità ed è diventato mestiere di pazienza, memoria, ragionamento, educazione al tempo. Un lavoro che stanca il braccio e la schiena, consuma gli occhi e riempie la testa di pensieri. La sera ci arrivo stanco come l’operaio ma a differenza di questo dormo male, perché come mi metto lungo arrivano le idee e i pensieri ad agitare il sonno.
È una passione che consuma e tiene vivi, imprigiona e rende liberi. Il disegno di oggi per me è nero e bianco con delle macchie di rosso».
Fino al 28 luglio si può visitare a Rimini, Museo della città, piano terra, la mostra “Tengo la posizione” del disegnatore e animatore resistente Simone Massi. L’esposizione, a cura di Sabrina Zanetti e Stefano Franceschetti, in collaborazione con Cartoon Club fa parte del programma della Biennale del disegno 2024.
Simone Massi. Nato nel 1970 a Pergola, nelle Marche, dopo un passato da operaio si diploma alla Scuola d’Arte di Urbino. Sebbene la sua idea iniziale fosse quella di diventare un fumettista, è il cinema d’animazione che lo rapirà. La sua animazione si distingue per una narrativa intimista, curata con precisione meticolosa, per la capacità di trasmettere emozioni profonde e nell’epoca dell’accelerazione e dello smarrimento delle radici, i suoi film risplendono come preziose tracce anacronistiche, sospese nel flusso del tempo e nella memoria collettiva.
Non si serve del computer, realizza i disegni a mano con una tecnica originale fatta di pastelli a olio stesi su carta e poi graffiati con puntesecche e altri strumenti incisori, dove il bianco e il nero cupo predominano e intessono un movimento fluido e contemplativo. È una tecnica lentissima, artigianale, a cui è approdato nel 2004 con il cortometraggio “La memoria dei cani”. Da lì in poi anche lo schermo nero è sempre in movimento, senza pause, in costante cambiamento. I disegni incisivi e allo stesso tempo surreali conferiscono alle opere una straordinaria vivacità e sono arrivati dopo anni di sperimentazioni.
Il mondo agricolo è una fonte di ispirazione per l’artista, ricco di ricordi familiari e radici profonde da cui proviene: il lavoro con le “bestie” (le mucche) e il rapporto con gli animali, il quotidiano inclemente e i racconti fatti di immaginazione, i bambini e l’ancestrale legame tra le generazioni.
Un mondo che sta scomparendo e che Simone testimonia attraverso i suoi film dove la memoria si fa visibile e concreta fatta di gesti e suoni che pur essendo fortemente realisti si combinano in modo visionario e onirico. Le sue opere trasmettono una gamma di emozioni contrastanti, quali tristezza, stupore, crudeltà, orgoglio, contemporaneamente la potenza del mondo che raffigura è sempre spiazzante, in un ciclo temporale in cui gli stessi elementi ritornano e l’immagine di partenza, non di rado, diventa quella finale.
Negli oltre 20 cortometraggi realizzati, Simone abbraccia la lentezza, la poesia e il rifiuto di compromessi. Dall’emozionante “Immemoria” (1995), passando per i profondi “La memoria dei cani” (2006) e “Dell’ammazzare il maiale” (2011), a “L’attesa del maggio” (2014), sino a “A guerra finita” (2023), i suoi film sono testimonianza tangibile di memoria e resilienza.
Negli anni ha abbracciato anche progetti differenti, come il documentario “La strada dei Samouni” del regista Stefano Savona, dove ha diretto la parte animata (film vincitore dell’Oeil d’Or al Festival di Cannes nel 2018), realizza illustrazioni, ha prodotto un dizionario del dialetto marchigiano e per alcuni anni ha firmato la sigla della Mostra del Cinema di Venezia.
Massi oggi è considerato uno dei più grandi animatori indipendenti a livello internazionale, con all’attivo oltre 500 premi vinti, inclusi un David di Donatello e quattro Nastri d’Argento. Nel 2019 si è aggiudicato pure il premio Flaiano.
Con il suo primo lungometraggio “Invelle”, opera che ha visto la luce dopo dodici anni di strenuo lavoro, ha dimostrato ancora una volta la sua ammirevole, artistica resistenza e la sua capacità di adattarsi a nuove sfide. Il film si è aggiudicato il Premio Carlo Lizzani nella sezione Orizzonti all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (2023).
In occasione della 40esima edizione, il Festival Cartoon Club gli assegna il Premio alla Carriera. Questa attribuzione è un atto di giustizia artistica nei confronti di una passione raramente incontrata e che – unita a un innegabile talento – è un onore riconoscere e testimoniare di fronte al mondo dell’arte e al pubblico. (S.Z.)
Tutte le sedi espositive della Biennale del Disegno 2024 – ovvero Museo della Città “L. Tonini”, Palazzo del Fulgor, Ala di Isotta del Fellini Museum e Biblioteca civica Gambalunga, Sale Antiche e Galleria dell’Immagine – sono aperte:
da martedì a domenica e festivi: 10-13 e 16-19
lunedì non festivi chiuso
dal 26 giugno al 30 agosto 2024 tutti i mercoledì e i venerdì anche 21-23
Biglietto unico per le mostre del Museo della Città “Luigi Tonini”, Ala di Isotta di Castel Sismondo, Palazzo del Fulgor:
intero € 10,00
ridotto € 8,00
Il biglietto unico dà diritto all’ingresso al Museo della Città “Luigi Tonini” e Domus del Chirurgo.
Biglietto per le sole mostre del palazzo del Fulgor:
€ 2,00
Ingresso gratuito alle mostre della Biblioteca Gambalunga.
Biglietti online https://www.ticketlandia.com/m/event/biennaledisegno2024